Il signor Domenica
Quella luna
balorda sembrava fatta di formaggio tanto era gialla. Quasi puzzava come una
caciotta stagionata. La pioggia cadeva fitta fitta. Ma tutto questo era niente.
Quello che a Berto dava più fastidio erano i vagabondi. Erano tutti uguali:
sdentati, con pochi e sporchi capelli in testa, la barba bianca e incolta. Li
trovavi agli angoli delle strade o anche lungo i marciapiedi, con un pezzo di
cartone su cui era scritta la loro infelice storia. Si spacciavano per maghi,
indovini, stregoni mitici. Prometevvano di poter predire il futuro o di poter
augurare la buona sorte. Erano tutti lì, a mendicare pane in cambio di quella
che loro chiamavano verità. Berto si limitava a guardarli con disprezzo,
proteggendosi dietro l'ombra paciosa e rassicurante dell'amico Stanley.
Chiedeva continuamente quanto mancasse alla loro meta. <<Poco,
poco>> rispondeva Stanley, <<Vedrai, questa sera ti faccio
divertire sul serio>> aggiungeva poi. Quella sera Berto implorava per il
divertimento. Aveva una donna da dimenticare, una donna bella come il sole e
lunga tre anni. Il loro era stato un addio scortese: lei gli aveva detto il
peggio che potesse dire e poi se ne era andato. Berto ci era rimasto malissimo.
Stanley,dopo una breve telefonata all'amico, aveva fiutato l'aria melanconica
ed era corso ai ripari, invitando Berto fuori in un locale che conosceva solo
lui, ma che diceva essere perfette per quella serata. Si chiamava
"Boston" ed era frequentato da molti americani che vivevano lì in
città. Non era un locale come gli altri, era un locale jazz. Berto camminava
impaziente,stringendosi nel cappotto per proteggere il suo prezioso smoking
dalla pioggia battente. Stanley reggeva un enorme ombrello sopra le loro teste,
quando in lontananza vide l'insegna blu neon del locale lampeggiare. Si rivolse
a Berto, gli fece un sorriso. <<Siamo arrivati?>> chiese Berto,
Stanley annuì, accelerò il passo e si presentò in un batter d'occhio davanti
all'ingresso del locale. Un buttafuori dall'aria anziana e gentile li squadrò,
poi li fece passare, prendendogli l'ombrello, chiudendolo e mettendolo in uno
dei due grandi e stracolmi portaombrelli appena dopo l'ingresso.
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