sabato 21 aprile 2012

Strani giorni

Strani Giorni
Questi sono giorni strani, e non solo perchè fra meno di una settimana sarò in volo per la Svezia. Sono giorni di sospensione e riflessione. gli esami si stanno avvicinando ed io ,per non farmi trovare impreparato, ho adottato il famoso metodo "stop and go": studiare tutto il libro in un mese appena dopo averlo comprato per sentirsi profondamente fieri di sè; dimenticarsi tutto in meno di una settimana; riprendere in mano il libro a due ore dall'esame convincendosi di sapere tutto. Nella maggior parte dei casi non funziona, ma se funziona volete mettere la soddisfazione? Questi sono strani giorni,persi tra il sorriso di qualcuno che vorresti conoscere meglio ma hai quasi paura di farlo, e le sempre più rare incursioni di Biagio l'Originale sulla scienza(ora è passato ad un nuovo campo d'indagini: si chiama Age of Empires. E' un vero esperto del settore). Si rimane quasi appesi, come le nuvole al cielo, e da Grom hanno ancora i soliti gusti(dopo un po' scocciano anche). Meglio pensare al futuro, un futuro sottozero. Pare che quest'anno in Svezia la primavera stenti ad arrivare. Le massime segnano due gradi per il giorno del mio arrivo. considerando che il mio parco abiti consta di un giubbotto smanicato da caccia alla volpe inglese e una coppola da mafioso corleonese il problema temperatura va posto. C'è sempre l'estrema soluzione di usare un sacco della spazzatura come soprabito, oppure di dirottare l'aereo verso Nairobi, dove le canottiere sono più che bastevoli. Sarà quel che sarà. Ora so che dovrei mettermi a studiare, ma stamattina un po' l'ho fatto e quindi mi sono vaccinato dal sentirmi colpevole almeno per le prossime dodici ore. Stanotte alle quattro e mezza mi tornerà il rimorso, ma dovrà fare a pugni con la fase R.E.M per convincermi ad aprire il libro. Forse sto scherzando, e fra cinque minuti qualche pagina la leggerò; o forse sono serio. Per questo è un periodo di strani giorni. Non si sa mai bene se si fanno le cose per scherzo o per senso del dovere. Se quel sorriso dovesse allontanarsi si tornerà a distinguer perfettamente tra le due cose, ma se ancora quasi ogni giorno dovesse tornare a piantarsi in faccia e negli occhi, resterà solo da abituarsi alla confusione.

martedì 17 aprile 2012

Se non fosse più Latina


Se non fosse più Latina…
Qualcuno crede che la mia città sia oltre le Colonne d’Ercole(tipo vicino le Azorre, o giù di lì); qualcun altro semplicemente ne nega l’esistenza, o la disconosce appellandosi alla libertà d’opinione. I più onesti ammettono di non sapere dove si trovi. I moderatamente sinceri ma accanitamente stronzi dicono che sì, la conoscono, e che è la più brutta città che abbiano mai visto. Che dire? Hanno ragione. Però, dovrebbero essere più gentili nei loro giudizi: sappiate che la mia città nasce dalla melma. Tralasciando il fatto che lì è rimasta provate a pensare quanta fatica ci vuole per far nascere una città dal nulla(e a farla venire così brutta!). Scherzo: la mia città non sarebbe neanche brutta: il centro ha un suo perché. E’ di stile fascista, ma ha uno stile. E’ il resto a non avere senso, gli altri quartieri. Paiono scatoloni ammassati sul pavimento di un vecchio magazzino polveroso. E quindi devi ingoiare quelle tue piccole sconfitte quotidiane. Come essere chiamato, durante il corso di tedesco, a descrivere(in tedesco) la tua città, ed essere costretto ad inventarsi l’esistenza di un fantomatico porto che nella realtà si riduce a poco più che un attracco per una cinquina di barche. Oppure dover contraddire tutti quelli che ancora son convinti che Latina sia in provincia di Roma.  Comunque non pensiate che sia tutto da buttare a Latina: anche noi abbiamo i nostri vanti. Per esempio, abbiamo un sindaco che non si tinge i capelli(in effetti non li ha), abbiamo un liceo classico dove fino a poco tempo fa c’era un indirizzo scientifico, abbiamo(e questo è un colpo di genio) una stazione cittadina a mezz’ora di macchina dal centro della città. In fondo è bella Latina: guardandola ti sembra di tornare agli inizi degli anni novanta:non sai mai se sei sull’orlo di un cambiamento epocale, o se sarai costretto a veder le stesse merde per tutta la vita. Voi sapete la risposta? Io sì, ma non ve la dico.
P.S: Biagio è tornato, o meglio, io son tornato e l’ho ritrovato. Aspettate solo che iniziamo a carburare un po’ e poi ne vedremo delle belle!!

domenica 15 aprile 2012

Scuse ingiustificate

Scuse ingiustificate
Il ritardo nell'aggiornamento del blog è assolutamente imperdonabile. Se volete posso denudarmi e frustarmi con l'asciugamano personale di Rino Gattuso mentre il giorno muore e un pensionato mi racconta di quando c'era la guerra e tutti si stava assieme e non c'erano tutti i problemi che ci stanno adesso. Lo volete? Non ho sentito bene, ma farò finta di aver udito un chiaro no. In realtà io ci provo, a scusarmi. Il motivo della mia assenza dalla rete è tanto idiota quanto semplice. Mi mancava l'ispirazione, e lo sapete perchè? Perchè mancava Biagio. Senza di lui la mia avvenente musa si trasforma in una sceneggiatrice di soap opera di mediaset, o in un'opinionista di un talk show pomeridiano. E' triste, ma è la verità. I grandi scrittori riescono a far sgorgare un capolavoro persino da un sasso. Io di sassi non ne avevo a Latina, e senza Biagio mi sono dovuto accontentare dei miei amici delle superiori. Giorni interessanti, ma nessuno di loro ha l'istinto biagesco. La cosa più interessante di questi giorni è aver scoperto, assolutamente per caso, l'album "Nomi e cognomi" di Francesco Baccini. Se si ha il senso dell'umorismo e si ha voglia di qualcosa di originale, lo consiglio vivamente. 

P.S Lo so che questo post è corto, ma prometto di riprendere al più presto il ritmo delle pubblicazioni. Rinnovo le mie scuse.

domenica 8 aprile 2012

Viva il parroco che ci fa giocare



Viva il parroco che ci fa giocare


Il Sabato di Pasqua è un classico del campionato; ma qualche volta non si gioca solo a San Siro, o all'Olimpico. Già, perché in qualche poco rigoglioso campetto di periferia, dieci assatanati sono pronti a darsi battaglia per strappare coi denti una vittoria. Parliamoci chiaro:la partita di calcetto è un rito, e se si gioca per la prima volta dopo tanto tempo, ci si accorge di come le facce, i ruoli, i personaggi, siano sempre gli stessi, e dotati di forte caratterizzazione. Una volta si giocava per la strada o all'oratorio, ma oggi non più. Oggi ci sono i campetti a pagamento, con porte vere e righe bianche che delimitano i confini e, soprattutto, recinzioni protettive che evitano che quel pallonetto morbido che in realtà è una lurida scarpata si vada a perdere nei fossi o nei campi di grano. I veri protagonisti sono però, lo abbiamo detto, i giocatori: passiamoli quindi in rassegna:


Il portiere: il portiere di calcetto non è mai un portiere. E', generalmente, uno che vuol far l'attaccante ma è troppo scarso ,oppure quello che ha sventuratamente perso a pari e dispari e ora gli tocca di stare in porta. E' quindi, di regola, il più scoglionato del gruppo. Passa il tempo appoggiato al palo, parlando con l'attaccante della squadra avversaria. Abbozza un'uscita sui calci piazzati mancando puntualmente la palla. Altra sua caratteristica è la parata di stinco, o di bacino, o di collo, o, ovviamente, di culo. Parare con le mani a calcetto è rigorosamente vietato, tanto più perché si è sempre sprovvisti di guanti, e bisogna quindi preservare la salute delle proprie dita. I più esperti sono in grado, con la punta del piede di deviare anche i tiri all'incrocio dei pali, oppure escono all'impazzata modello ariete seminando scompiglio fra gli avversari. Poi, inevitabilmente, il portiere di calcetto prende un gol e inizia a lamentarsi e chiede di far cambio di turno. Se è una partita vera lo menano e poi lo lasciano fare. Se è una partita alla cazzo gli dicono di aspettare un momento e poi lo lasciano lì a marcire.


I difensori: quelli che a calcetto decidono per scelta di fare i difensori sono probabilmente ex-macellai o assassini seriali usciti per buona condotta. E' infatti scontato che difendere, in questi casi, significa solamente picchiare. Non essendoci arbitro, ed producendo il versamento della quota per il campo un automatico diritto a partecipare al gioco per tutto il tempo, non ci si preoccupa di eventuali sanzioni disciplinari ed è insperato trovare un uomo con la tecnica necessaria per intervenire sul pallone. I più buoni si affidano quindi agli abbracci affettuosi, abbrancando il loro avversario e trascinandolo a terra(qualche volta ci scappa anche una toccata alle parti basse). I meno buoni mirano alle gambe, ed è questa la tecnica migliore. Per paura di rimanere zoppo a vita l'avversario mollerà il pallone prima di arrivare allo scontro, ed il difensore, senza intervento, farà la sua porca figura. 


Il centrocampista: Bisogna parlare al singolare perché ,data la scarsezza numerica, non c'è mai più di una persona messa a fare il mediano. Costui è solitamente un individuo con discreta capacità di controllo palla(eredità di una settimana passata nelle giovanili del Santa Genoveffa Calcio) e una buona visione di gioco. E' tuttavia utopico pensare che egli possa smistare palloni invitanti agli attaccanti. Il vero mediano da calcetto non prende mai bene la palla. La cicca in ogni modo e posizione. Si può così quindi parlare di mezzi esterni a rientrare, di puntate di striscio, di tacco al volo involontario(è il colpo migliore), di stinco ad effetto e via dicendo. Se si ha tanta fortuna il passaggio va comunque in porto e l'attaccante è libero di lisciare il pallone davanti al portiere. Se il colpo invece va male il mediano allarga le braccia e si lamenta dei compagni che non son posizionati bene. 


Gli attaccanti: Tutti voglion fare gli attaccanti, ma nessuno sa davvero come si segna. I tre che quindi pascolano sempre davanti all'area avversaria si riducono ad essere dei semafori deambulanti che alzano di tanto in tanto il braccio ma che poi sfiatano dopo aver effettuato uno scatto di un secondo. Inutile poi chiedere a questi di dare una mano dietro. Loro non difendono perchè si considerano punte pure(è come se io mi rifiutassi di dar l'esame di diritto privato considerandomi un eminente pubblicista). Se poi riescono a segnare, non è mai per merito loro, ma per demerito degli avversari, o per qualche ciccata andata incredibilmente a segno. 


Gli avversari: spesso ci si dimentica che esistono anche loro. Di solito sono scarsi come la tua squadra, ma a volte per scherzo del destino o per complice crimine di uno degli organizzatori, spuntano fuori dieci che giocano insieme da quattro anni e che sanno come si fa un passaggio di prima. Tu sai già che perderai quindici a zero ma c'è sempre il cretino che ti dice "possiamo batterli, basta che non ci scoraggiamo". Poi, quando perdi tredici a zero lo stesso di prima urla "manca poco tempo, facciamo che chi fa l'ultimo gol vince!". Mugugni da più parti. Alla fine però si accetta di far così, e chi lo farà l'ultimo gol. Beh, io non ve lo dico, perchè qualche volta bisogna imparare a sognare, anche se i sogni tardano un po'.


Buona Pasqua a tutti, ed in particolare, come è giusto che sia, a Biagio l'Originale!!!

giovedì 5 aprile 2012

Tornando a casa

Tornando a casa
Questo era il titolo di un film sul Vietnam e Latina, a parte forse le buche per terra, non c'entra molto. Ma qui si tratta di tornare a casa, e ,a suo modo, è stata un po' una guerra. Abbiamo cominciato a Verona, quando una madre con al seguito una legione di figli scout ha preso posizione di fronte a me. Ci è mancato poco che mi riempissero di catrame e piume. Me la sono cavata con uno sputo di tonno sulla palpebra ed una sordità quasi totale. Fortuna che sono scesi a Bologna, sfortuna che al posto loro è arrivata una congregazione di vecchine che, con fare angelico e con chiome candide, hanno occupato una buona mezza dozzina di posti, tra cui quello accanto a me. Per i primi venti minuti è filato tutto liscio, a parte qualche macabro commento sull'ontologia del cancro alla prostata. Poi però si è scoperto che una delle vetuste donnine è una professoressa di lettere in pensione(probabilmente incaricata dal Ministro Gentile) e la sua voglia d'esami, covata nell'ombra per credo ormai trent'anni, è esplosa nei confronti di un decenne biondo e paffuto bambino, in compagnia della madre, seduto a fianco alla vecchia, la quale, subito accortasi della scarsa propensione del bimbo allo studio, a iniziato a tormentarlo di domande. Si è iniziato con la storia d'Italia, ove la signora, probabilmente scavando tra i ricordi dell'infanzia, ha parlato di primo triumvirato, di età augustea, di papato e di seconda guerra d'indipendenza. Il povero bimbo, sovrastato da cotanta cultura, ha subito assunto il tipico atteggiamento difensivo dell'infante ben educato: ha incrociato le mani, ha impostato una leggera espressione di ammirazione ed ha iniziato ad annuire ad intervalli regolari per circa quaranta minuti. La prof, a questo punto gasata a mille, ha preso a parlar di geografia, tirando fuori arcipelaghi con denominazione vecchie di circa sei secoli, villaggi appenninici oramai inesistenti, fiumi e conformazioni montuose risalenti al Pleistocene e via dicendo. A Firenze è scesa, e, quando il treno è ripartito, il bimbo ha avuto un collasso. aveva perso trentacinque chili in sudore. i capelli gli erano divenuti bianchi. Ma almeno aveva imparato chi era Licinio Crasso. Io, per parte mia, mi ero rifugiato nella lettura, anche per sopportare la fatica di un viaggio iniziato alle cinque e mezza del pomeriggio, con arrivo previsto alle dieci meno dieci ed un altro treno da prendere alle dieci meno cinque. Il resto del viaggio è stato più o meno tranquillo, se si esclude il dramma, comunicatoci da un passeggero munito di iphone con collegamento internet, di un'ultima ora tragica: anziana signora pestata su di un autobus alla Stazione di Firenze Campo Marte. Oggi quella signora starà meglio, ed io sono a casa. E' stata una bella notte, tutto sommato, anche se in situazioni come queste si impara a rimpiangere il gusto per il riscaldamento domestico che hanno i trentini. Difatti sono riuscito a provare freddo in uno dei luoghi più afosi dell'intera penisola, e per di più a primavera inoltrata. Mi sono mancati i discorsi unilaterali sul sesso che animano le serate degli ingegneri trentini, mi sono  mancati i piselli della mensa(non è vero ma lo devo dire). Mi è mancato, soprattutto, Biagio l'Originale; il suo entusiasmo nel venire a capo di complesse equazioni, la sua geometrica astuzia e logica seriosità nel condurre ,come un vero personaggio cosmico-storico(o comico storico, fate voi) il suo esercito nel mentre di una partita ad Age of Empires; la sua strana logica su come funzionano gli innamoramenti; le sue disquisizioni sul kung-fu e il judo. Ci vediamo presto, Biagio! Però quando ci vediamo non parlare troppo, ok?


P.S Un saluto anche a Biagio l'Orientale, attendendo un suo prossimo post in salsa pasquale.

domenica 1 aprile 2012

Voto di scambio


Voto di scambio

Con tre voti si possono fare un sacco di cose: si può salvare un governo, si può consacrare la propria vita ad una divinità e si può aumentare non indifferentemente il proprio punteggio d’esame. Potrei parlare del terzo ed ultimo caso, ma si tratta d’università, e c’è Biagio l’Orientale(http://biagiolorientale.blogspot.com/ ve lo ricordo a costo di essere noioso che parla di queste cose molto meglio di me. Potrei allora parlare della seconda ipotesi, ma non ho mai fatto né voto di povertà, né di castità, né di obbedienza(forse però uno me lo affibbieranno ad honorem fra qualche anno).  Non resta scelta: toccherà parlare di politica, ma per evitare torbide rivelazioni e per non fare nomi scottanti, parlerò del luogo ove la politica di oggi nasce, fiorisce, dell’humus nel quale si formano gli Scilipoti di domani: i Licei, ove ogni anno è appuntamento irrinunciabile l’elezione dei rappresentanti d’istituto. Sono stato, nel mio Liceo, rappresentante di classe per ben tre anni, di cui due consecutivi. Non ho però mai voluto tentare l’assalto alla rappresentanza d’istituto. Non avrei avuto speranze. Il primo anno il tizio che venne eletto si fece issare da due sgherri a mo’ di lettiga umana, agitando verso la folla le mani in cui stringeva due foglie di Maria. La sua prima, e unica, azione di quell’anno, fu di proclamare uno sciopero selvaggio finché la dirigenza non avesse fatto disinfestare la scuola piena di topi. Ci fu un picchetto, volarono parole grosse, tipo “Pantegane” , “Zoccole”. Qualcuno asserì di aver visto quelle orride creature divorare un anziano bidello, qualcun altro prese parola durante l’assemblea d’istituto, mostrando orgoglioso una ferita sul mignolo, narrando le proprie gesta a mani nude contro un ratto delle fogne. Quando scoprirono che gli unici abitanti degli scantinati erano dei peluche a forma di topo posizionati all’uopo dal sopraddetto rappresentante, il tizio ferito si giustificò sostenendo che i dentini di plastica del pupazzo erano ben taglienti. Molti furono sospesi, altri dovettero fare mea culpa di fronte al preside. Dell’anziano bidello non si seppe più nulla. Qualcuno dice di averlo visto aggirarsi per il laboratorio di fisica con una lunga coda e con la pelle irsuta. Quell’anno andò così, ma il successivo la scena fu tutta dei “Quattro dell’Ave Maria”, una sorta di lista teodem con soli quattro candidati, che riuscì nell’impresa di raccogliere quattro voti(o forse cinque, non ricordo). Avevano buone speranze di vincere, ma ad un certo punto si misero in testa di proporre al preside una nuova disposizione delle aule. Il preside disse che li avrebbe accontentati, e loro diramarono un comunicato in pergamena con foglia d’oro il cui contenuto potrebbero essere riassunto con un “Chi vola vale, chi vale vola, chi non vola è un vile”. Il giorno dopo il Collegio docenti bocciò in tronco la loro proposta. Vedi, caro Biagio, nella politica non è importante la logica, è importante, per esempio, la pubblicità. E’ importante soprattutto non fidarsi. Te lo dico perché ,credo, tu a volte di fidi troppo di quello che dicono le persone autorevoli. Quel preside era una persona autorevole, come gli scienziati che scrivono gli articoli che leggi. Mai credere troppo a quello che ti dicono.
Sono perfettamente cosciente che questo post non ha né un capo né una coda, ma è ora di pranzo, perdonatemi. La prossima volta inizierò con una citazione di Fabio Volo,di quelle che postano su facebook ogni secondo abbinate ad una immagine del sole calante.  Biagio, un giorno anche la tua scienza sarà ridotta così. E al posto di Fabio Volo ci sarai tu.
Sono cattivo, vero? Però è divertente. Non prendetemi troppo sul serio, semmai lo aveste incautamente fatto.