sabato 27 aprile 2013

L'uomo della pizza IV


Johnny continuò a camminare, a testa bassa, guardava il marciapiede sporco sotto di sé, gli capitava di salutare qualche vagabondo che dormiva vicino ad un cassonetto,sorrideva, poi passava oltre, un po’ facevano paura anche a lui. Non si ricordava bene quale traversa fosse,poi riconobbe da lontano il profilo dei palazzi, si avvicinò, trovò la strada giusta, ottavo piano,ma la finestra era chiusa,la serranda abbassata, forse non c’è ,pensò Johnny,meglio andarsene, qui sono fuori posto. Rifece la stessa strada, sudava acqua come fosse una fontana, ripensò mille volte a quel viso, Martha Damber e la bambina. Magari un giorno potrò venire qui presto, potrò seguirla, ma no, che sto pensando, lasciamo perdere, dimentichiamo.
Quando il lunedì uscì di casa non se la era dimenticata affatto, e nemmeno la sgradita visita del padrone di casa che gli sollecitava il pagamento della rata di affitto lo riuscì a smuovere dalla sua fantasia. Non appena il padrone se ne fu andato gli si avvicinò Bob, “Viviamo come topi e dobbiamo anche pagarlo, bisognerebbe portarlo in tribunale… roba da far drizzare i capelli”, “Si bravo Bob, portalo in tribunale, come in quel film…non mi ricordo come si chiama… ma va, torna a casa e passa una buona serata, no, non mi seguire che tanto non te lo faccio provare il motorino”.
Arrivò alla pizzeria, la lista delle ordinazioni era più lunga del previsto, la pila delle pizze anche, dovettero montare sul posto un baule più grande dietro al motorino. Johnny aveva le mani sporche di grasso, ma non aveva tempo di lavarsi, il pizzaiolo gli diede un paio di guanti. “In settembre?”, “Mettiteli e non rompere, se porti le pizze con quelle mani luride ti cacceranno a calci nel di dietro” gli disse. Partì e subito le sue vecchie conoscenze si ripresentarono: la cameriera depressa lo accolse con una maschera per il viso dal colore violaceo, gli diede una mancia sostanziosa per un calzone con formaggio e prosciutto, un ragazzo dal viso sciupato e dagli occhi incavati aprì la porta con mani tremanti. “Quanto?”, “Sette e cinquanta”, “Tanto, tanto,troppo, un attimo ,aspetta qui, che pizza è?” Johnny vide tante ferite sulle braccia, poi gli si avvicinò una ragazza, capelli corti rossi, segni sulle braccia anche lei, occhi incavati. Mise i soldi nella sua mano, “Ecco, pagato, vai,grazie” Gli sbatterono la porta in faccia. Johnny se ne andò indifferente: una volta gli eroinomani erano più educati, pagavano anche qualcosa in più. Il prossimo chi è: Mc Bride, ancora lui, cazzo, o gli piace davvero la pizza oppure ha in programma un’altra serata a luci rosse. Arrivò con leggero ritardo al suo condominio, fece in tempo a vedere tre ragazze in minigonna prendere le scale e salire su. Attese un po’, non era il caso di rompere le scatole, in fondo erano fatti suoi. Quando salì lo trovò in mutande e camicia, pagò subito. “Grazie, grazie, ma quanto è buona questa pizza?” disse McBride, “La ringraziamo per la sua fedeltà” rispose Johnny, “grazie a lei e alla sua famiglia” . McBride sorrise, liquidò Johnny e chiuse la porta. Mentre scendeva le scale gli venne un pensiero assurdo: possibile che fosse sempre così inopportuno? Possibile che dovesse capitare a casa dei clienti proprio durante le loro orge preserali o i loro festini, e poi ,diavolo, queste persone non lavoravano: direttori di banca ,avvocati ,medici, potrebbero impegnarsi un po’ di più nel loro mestiere invece di farmi fare figure da scemo quando gli porto le pizze. Altri giri, per tutta la città, l’ultima consegna lo attendeva che erano già le dieci e mezza, ritardo stratosferico. Martha Damber, ancora, anche a lei deve piacere la pizza, sul serio perché con una bambina a casa non potrebbe permettersi festini. Non era così infatti: la solita graziosa creatura con le trecce gli aprì la porta, poi arrivò la madre, sempre con lo stesso vestito, questa volta aveva un paio di occhiali ed un librone in mano, lo poggiò su di un vecchio divano, prese la borsa, tirò fuori i soldi, gli diede a Johnny. Lui li prese, e già stava per chiudersi la porta quando non capì più niente. “Aspettate, è troppo,sono solo sette”; “Ma.. l’ultima volta erano sette e cinquanta” ,”Abbiamo diminuito, ecco, tenete,arrivederci e scusate per il ritardo”, “Non vi preoccupate, avrete trovato traffico”. Johnny inspirò profondamente, “Già ,un pochino”. Martha gli sorrise, alzò la mano per salutarlo, la bambina fece lo stesso. “Come si chiama?” chiese Johnny, “Barbara”, “Barbara” ripeté Johnny, “Ciao”.
Quella sera dovette anche consegnare cinquanta centesimi di tasca sua per coprire quella scemata che aveva fatto con Martha, a mezzanotte passata finì di rimontare il vecchio baule dietro il motorino, si mise in cammino per tornare a casa. Girava per la città ,ed il suono di quel vecchio macinino riempiva l’aria, come musica jazz di un fumoso locale. Era uno sghembo ritmo ronzante, persino divertente se ascoltato con la giusta predisposizione. Questo motorino ha visto poche volte la luce del giorno, pensò Johnny, domani lo porto a fare un giro, voglio fargli vedere com’è la città deserta all’ora di pranzo, tanto domani il pranzo lo salto. Si fermò in un chiosco di panini, comprò un hot dog senza condimento, lo mangiò velocemente, poi ripartì. Faceva quasi sempre così per cena. A casa si fece una doccia, l’acqua gelata gli rinfrescò le idee. Guarda, pensò, a qualcosa serve non avere l’acqua calda. Si sdraiò sul materasso, tornò a leggere il manuale di legge, era arrivato a pagina cento. Dopo poco Bob bussò alla porta: “Ti va di scendere da Cherie?”, “No Bob, ti ho già detto che da quella non ci vengo”, “Dai, non fare il lupo solitario, neanche fosse una puttana”, “L’hai detto tu Bob”, “Bè, se la pensi così, comunque non sai che ti perdi”, “Dici sempre così”, “Ma si può sapere che fai la sera?”, “Sto leggendo il tuo manuale di procedura civile”, Bob rise, “Ah ,bravo, una delle più grande palle che la storia dell’umanità abbia mai prodotto, l’ho studiato per non so quanto,come è finito lì scusa?”, “Non lo so Bob, come ti andò l’esame?”, “Promosso, che domande,non mi ricordo il voto però” “E’ interessante” fece Johnny “qualche volta dovremmo parlarne insieme, di diritto dico”, “Va bene, ma solo se mi fai…”, “Vaffanculo Bob, no! Il motorino non lo tocchi!”, “Allora scordatelo!”. Bob se ne andò,ed era incazzato, Johnny continuò a leggere, non riusciva proprio a farsela piacere quella Cherie, era davvero una puttana ,e a lui quelle non erano mai piaciute. Era anche carina,aveva dei begli occhi azzurri, capelli biondastri, ma…no, non gli andava proprio di diventare suo amico. Erano più di due anni che abitava sotto di lui e ancora non l’aveva toccata una volta; beh Johnny a dir la verità non aveva mai toccato nessuna.
Chiuse il libro a pagina cento venticinque, spense la luce, era ora di dormire: lo stomaco brontolava, ma la testa era già altrove.

sabato 20 aprile 2013

L'uomo della pizza III


Il pizzaiolo era appoggiato alla porta aperta della pizzeria, dentro era tutto spento tranne una lampadina alla cassa, aspettava la consegna dei soldi. “Quarantacinque” fece Johnny porgendogli le banconote. “Bene, bene, bravo, ci vediamo lunedì”, e fece per rientrare. “Ehi” disse Johnny, “scusatemi”, “Che c’è?”, “Oggi sarebbe sabato, sa…la paga…settimanale”. “Ah,si ,si, vieni, ecco, un attimo che apro la cassa e metto i soldi dentro, entra. Allora,sono dieci ,tieni”; “Scusatemi ancora, ma di solito…”, “si ,si di solito sono quindici ma questa settimana sono andato male, davvero male, quindi, questo è il massimo,scusa e adesso vai però. Ciao”. “D’accordo, scusatemi di nuovo, arrivederci”. Ripartì con un biglietto da dieci in tasca, poco male, per una settimana basteranno. Faceva un po’ di dispiacere, ma capitava talmente tante volte, e lui non se la sentiva di incazzarsi,non era davvero il tipo. Tra un pensiero e l’altro era arrivato vicino a casa e già intravedeva il tetto del suo palazzo, una selva di antenne abusive e mezze rotte. Passò l’ultimo semaforo, questa volta non lo maledì nessuno, ne fu sollevato, girò a destra. Parcheggiò il motorino nel cortile,lo lego ad una colonna con la catena, si tolse il casco, lo accarezzò ,poi salì su. Fece le scale fino all’ottavo piano, il suo, poi una voce lo bloccò. “Hey,tu vieni stasera?”, “Perché, stasera che si fa?”, “Bah niente, ci vediamo sotto nella topaia di Cherìe, stiamo lì, nient’altro”, “No, no, non ci vengo in quel postaccio Bob,vado a dormire”, “Come vuoi, però stare tutte le sere da solo fa male, quando ero all’università più di una sera in casa non reggevo.”, “Infatti si è visto come studiavi bene, Bob!”. Quello si alterò un poco “Diavolo, Johnny non sfottermi adesso, ti ho solo invitato ad una festicciola”, “Si,si, scusa Bob, sono stanco, mi dispiace,sul serio, scusa”, “D’accordo,si, ma allora che farai tutto da solo su quel materasso?”. Johnny sospirò “Il solito, penserò alle facce di chi ho visto oggi, sognerò di conoscerli,proverò ad immaginare la loro vita”. “Allora una noia mortale?”, “Pensa per te Bob, io mi diverto”, “Contento te, ora vado, ci vediamo domani mattina allora” “Ciao Bob”. Tirò fuori dalla tasca le chiavi arrugginite, ne infilo una nella toppa della serratura, la porta scricchiolò paurosamente, Johnny la richiuse dietro di sé, butto le chiavi in un cesto di vimini davanti a sé, cammino sulle assi di legno del pavimento, lentamente per il buio. Arrivò al materasso,il suo letto, si sdraiò, poi allungò la mano ed accese la lampadina dietro la sua testa, appoggiata su una scatola di cartone. Intorno a sé vide che la casa era impolverata, il giorno dopo avrebbe dovuto farsi prestare da qualcuno straccio e sapone per pulirla. Il letto era retto da quattro pile di libri al posto dei piedi, per lo più volumi universitari di Bob, fumetti e qualche romanzo d’avventura. Johnny ne prese uno caso, fu davvero sfigato: Manuale di diritto processuale civile. Si mandò a quel paese da solo, poi iniziò a leggere. Si addormentò dopo poche pagine e ,come promesso prese ad immaginare.





La mattina dopo fu svegliato da una scarica di fumo, proveniente dalle caldaie del palazzo che avevano lo sbocco proprio accanto alla sua finestra. Venne investito da una zaffata di calore e puzzo che per poco non ci rimase secco. Aprì gli occhi pigramente, si alzò dal materasso, notò che era ancora tutto vestito. Aprì un bauletto in mezzo alla stanza: niente latte, una scatola di biscotti quasi vuota, ne mangiò qualcuno controvoglia, andò in bagno, bevve un po’ d’acqua dal rubinetto, si mise il giubbotto nero ed uscì. Faceva un caldo infernale, il sole batteva come non mai. “Amico, aspetta amico!”, “Oh, Bob, ciao, com’è andata ieri sera?”, “Bah, non ti sei perso niente, avrei fatto meglio a restare con te,c’è più gusto a sparare idiozie”, “Se vuoi possiamo rimediare stasera, sono libero”, “Ah, perché hai deciso di saltare il turno questa domenica?”, “Non so, ti ho detto , sono stanco, voglio riposarmi un po’, è da un sacco che non faccio una passeggiata, stavo appunto uscendo” , “Bravo, bravo! Allora saremo in due ,aspetta che mi metto una maglietta e poi vengo con te”, “Guarda che non ti porto in motorino, vado a piedi”, “Ah! Ma cazzo Johnny è da cent’anni che ti chiedo di salire sul motorino e tu non me lo fai mai usare” ,”Non rompermi Bob, se vuoi camminare, cammina, altrimenti resta a piangerti addosso a casa tua!”. Due minuti dopo stavano passeggiando sulla stradina, deserta, che conduceva dal palazzo alla via principale.
“Ieri sera ho conosciuto una donna?” fece Johny, “Ehi! Dici sul serio? Hai concluso?” ,”Bob, ma che hai capito? Era una cliente, le ho portato le pizze, mi ha aperto la porta la figlia, davvero molto carina, lei poi è alta, ha un bel fisico, capelli neri, mi piaceva”, “Allora, ci hai almeno parlato?”, “Le ho detto quanto doveva pagare”, “Diavolo Johnny, ma perché non ti butti mai, vuoi fare questa vita per sempre, tu dovresti trovarti una bella donna e scappare con lei in qualche posto strano, c’hai anche il mezzo”. Johnny rise “e dove vuoi che vada con quel motorino scassato, può fare al massimo i venti all’ora e già sento rumori strani, no, e poi se mi prendo una donna, che ci faccio? Farle regali non posso, non so scrivere poesie, a cantare non sono bravo , a letto non ne parliamo, quindi…” , “Ma va all’inferno Johnny! Non ne posso più di sentirti parlare così, ci sarà pure una cosa che saprai fare, no?”. Johnny pensava ma non gli venne in mente niente. “Vabbè, lasciamo perdere” disse Bob “parliamo di quella tizia, le tette ce le aveva?”, “Non ci ho fatto caso”, Bob rise “Ok Johnny, o mi stai prendendo in giro oppure sei un idiota di quelli spaziali, scegli tu”, Johnny sospirò “Ti sto prendendo in giro Bob, comunque, non ce ne aveva tante”, “Allora aveva un bel sedere?”, “Si,quello sì”. “Ah, bene bene, ma ,di un po’,ordina spesso da voi, cioè, pensi di rivederla?”, Johnny iniziò a ridere sul serio, “E che diavolo ne so Bob, speriamo, ma poi, non so nulla di lei, so solo il suo nome…Martha Damber, una figlia a carico e la casa dove sta è poco meglio della nostra”, “E vedi che in fondo siete simili” fece Bob “tutti e due dei disperati”. “Perché tu non lo sei?” chiese Johnny, “Che c’entra, non si sta parlando di me, e poi comunque io ho studiato, ho studiato da avvocato, quindi porta rispetto”, “Si Bob,scusa” disse Johnny sorridendo e continuarono a camminare. Imboccarono la solita, grande, sterminata via, la domenica mattina era deserta: alcuni, come l’avvocato Stanley, sicuramente a messa, altri a riprendersi dalle feste della sera prima, altri continuavano a festeggiare in casa loro. Passarono davanti a tante case ,Johnny le aveva visitate quasi tutte, tutti i condomini, tutte le poche ville. “Qui abita un medico, l’ultima volta che ci sono stato era insieme a due ragazzi giovani, più o meno della mia età, pensa, aveva ordinato una pizza alle uova, quando aprì la porta aveva l’accappattoio”, “Lo conosco il dottor Casey” rispose Bob, “Tempo fa,quando ero un bambino, mi visitò per un problema al piede, un gran bel medico, ed un gran figlio di buona donna, sapevo che si era sposato, ma non che avesse figli”, “Non credo che quei due ragazzi fossero suoi figli Bob…oh, ecco guarda, in questo palazzo vive una che fa la cameriera al bar vicino a noi, fino a poco tempo fa ordinava tutte le sere una margherita semplice,con una foglia di basilico sopra. Aveva una faccia così depressa che mi metteva tristezza pure a me, credo avesse problemi sul lavoro” ,”Ma certo che ha problemi sul lavoro, Johnny, la sfottono dalla mattina alla sera, d’altra parte è brutta come la fame, che mai ci vuoi fare, puoi solo prendertela con la natura”.
“Non fare lo stronzo ,Bob, non crederti tanto superiore a questa gente”, “Oh,ma tu stamattina ce l’hai con me, che ti ho fatto?”, “Niente Bob, però mi da fastidio, stai zitto invece di criticare la gente che forse non sarà miliardaria però sicuramente c’ha un lavoro, e noi non ce l’abbiamo”. Bob tacque per un po’, poi riprese “Tu lavori Johnny”; “Si, quindici,anzi, dieci bigliettoni a settimana, e uno spicciolo di mancia da qualche cliente generoso, se ti va bene, ma io non mi lamento, sono già stato fortunato a trovarmi qui, tu invece, Bob…”, “Si, lo so non ricominciare a rompermi, ho studiato e allora dovevo eccetera eccetera, però non credere che sia per tutti facile, eh?”, “Sono d’accordo Bob, ma allora non prendere la gente per il sedere, se poi tu sei il primo a cercare giustificazioni”, “Mi hanno un po’ rotto le tue morali Johnny,e poi fa molto caldo, siamo andati lontani, che ne dici di tornare indietro?”, “Vai Bob” fece Johnny, ti raggiungo fra poco, ho ancora voglia di camminare, devo smaltire l’intossicazione che quel dannato fumo mi ha fatto venire stamattina”, “Va bene” rispose Bob”anche se questa strada non è proprio l’ideale per sentirsi meglio, ci vediamo!”

giovedì 18 aprile 2013

L'uomo della pizza, II


Si erano fatte le nove, Johnny era in perfetto orario, aveva una sola consegna da fare per quella sera, dopo di che poteva tornarsene a casa. Salì contento sul motorino ,controllò che il baule delle pizze fosse bene fissato, lasciò il condominio. Prossima consegna, nome: Damber, abita qui vicino, che fortuna! Due minuti ed era arrivato, di fronte a lui un palazzo altissimo e maleodorante, gli scarichi delle fogne proprio sulla strada, le serrande alle finestre tutte rotte o comunque scassate. Cercava il citofono: “Damber, Damber, qui non c’è”. Solo caselle vuote ,nessun nome, in quel palazzo sconosciuti. Premette un tasto a caso,si fece aprire, in mano aveva una pizza semplice, senza mozzarella, solo pomodoro, non bruciava più neanche tanto. Speriamo non si arrabbi troppo per la pizza fredda, pensava Johnny. Come al solito ascensore rotto, e voci e chiasso da tutte le parti, la luce accesa produceva un calore incredibile, le lampadine penzolanti dal soffitto dei corridoi. Lesse i nomi di tutte le porte, prima di trovare quello giusto, al nono piano, Damber, Martha. “Pizza!” disse bussando alla porta, poco dopo gli aprì una bambina dai capelli castani chiari, pettinati in due trecce ai lati della testa. “Eccomi, eccomi, scusate” sopraggiunse la madre, lunghi capelli neri, maglietta e jeans, occhi vispi e pelle quasi scura. Bella, davvero. Johnny prese i soliti sette soldi e cinquanta, salutò con un sorriso sincero la bambina, e vide la porta chiudersi di fronte a lui. Iniziava la strada per il ritorno a casa e, come al solito, Johnny ripensava alle facce che aveva visto quella sera: il traditore, il puttaniere, la ragazza madre, oddio, già adulta ma ancora giovane. Sicuramente, rifletteva dispiacendosi, si erano già dimenticati di lui, dell’uomo delle pizze. Lui violava il segreto delle loro case, ogni sera entrava nelle loro dimore, ma un solo passo, poi subito via, un perfetto sconosciuto, invisibile, che ronzava col suo motorino ed offriva il suo corpo alla città per tre ore, dalle otto alle undici, quando andava male, altrimenti alle nove e mezza già era sparito. Quella sera di metà settembre se la prese comoda, osservo le prostitute riempire le strade, le trovò tutte carine, ne rimase ossessionato come ogni sera. Aveva un problema Johnny: a volte non si riusciva a dimenticare la gente. 

venerdì 12 aprile 2013

L'uomo della pizza


L’uomo della pizza
 (è un racconto che ho scritto un po' di tempo fa, e che oggi forse non scriverei...)
Passava il carrello bianco dei gelati, le auto sfrecciavano a fari accesi, la strada intera era illuminata da decine di insegne al neon, il vialone che portava da una parte all’altra della città. In stivali di pelle rattoppati, giubbotto nero, jeans stretti e cintura arrivava con il suo motorino, dipinto di grigio con un lungo adesivo rosso a bianco su un fianco. Era Johnny, l’uomo delle pizze. Lo aspettava il pizzaiolo fuori dal locale, con gli occhi spiritati. “Sei in ritardo di cinque minuti”, “Scusa,scusa” si affrettò a rispondere Johnny, come altro non avrebbe potuto fare. Gli consegnò una pila di scatole bollenti, Johnny le metteva nel bauletto dietro al motorino. Partì subito senza che nessuno lo salutasse, quella sera c’era un lungo giro da fare. Aveva il viso oscurato dal casco, attraverso il quale poteva vedere tutta la città illuminata, già i vagabondi affollavano i marciapiedi, si accucciavano nelle loro scatole di cartone. Guidava piano Johnny, e ad ogni semaforo ci metteva un anno per partire, puntualmente veniva mandato al diavolo. Lui continuava senza rispondere, poteva solo andare avanti,dentro si sentiva piangere, ma non lacrimava.
Arrivò a casa del Dottor Stanley, avvocato, verso le otto di sera, era presto. Scese dal motorino, prese la scatola giusta, formaggio dolce e peperoni, si diresse verso il cancello della villa, mentre sulla strada migliaia di macchine passavano. “Chi è” rispose una voce affannata al citofono, “Pizza” si limitò a dire Johnny, senti il cancello che si apriva, entrò dentro, percorse velocemente il vialetto contornato da alberi, fino alla monumentale residenza. “Pieni di soldi” disse fra sé e sé Johnny, storcendo la bocca. Arrivò sotto il portico, bussò delicatamente alla porta, aprì l’avvocato, un asciugamano nero intorno alla vita, dietro di lui una voce femminile. “Quant’è?” disse velocemente, “Sette e cinquanta”, frugò in una borsa da donna appoggiata su un tavolino nell’ingresso, Johnny aspettava fuori, scorse due gambe nude che si muovevano dolcemente sul divano, poi una mano che reggeva un bicchiere, gli venne da sorridere. “Che c’è?” disse il Dottor Stanley. “Niente, niente, grazie, arrivederci” ,prese i soldi e scappò via, non era il caso di immischiarsi in faccende di amanti. Specialmente per uno degli avvocati più in vista della città, moglie e quattro figli a carico, una barca di soldi e molto altro,carne compresa. Appena uscito dal cancello principale, si rimise in moto, passò accanto ad una fila di bidoni della spazzatura, ritornò sulla strada, tagliò la strada ad un’auto, ecco un altro vaffanculo, tanto ci era abituato. Eppure gli faceva sempre male.
Il prossimo chi è? Ecco, la prima traversa a destra, nome: McBride. Ok, eccolo arrivato. Per lui ci sono quattro pizze, tutte al formaggio. Suonò il citofono, gli aprirono senza dire una parola, entrò nel condominio, l’ascensore era rotto, prese le scale: quinto piano, e la mano sotto le scatole friggeva senza pietà. Saliva più veloce che poteva, arrivò davanti alla porta. Bussò. “Pizza”. “Buonasera, per lei quattro al formaggio?”, “Si, sono per me, quant’è?”, “Trenta precisi”, “Ah, si, un attimo…eh, quando si torna da lavoro stanchi,e poi io sto in banca dalle otto di questa mattina, è la cosa migliore ordinare una buona pizza… e poi le vostre sono le migliori, per una serata in famiglia tranquilla… le migliori, in assoluto, prenda ecco,trenta tondi tondi, grazie, mi dia le pizze, ah, ecco fatto, grazie, arrivederci”. Tre biglietti da dieci e un vecchio bottone di mancia, “Stronzo!” sussurrò Johnny, poi scendendo le scale pensava: strano, serata in famiglia, ma in casa non ho sentito nessuno. Era arrivato al piano terra, quando un uomo e tre donne, vestite in modo appariscente, entrarono, si diressero verso l’ascensore. Le donne indossavano una pelliccia, l’uomo un lungo impermeabile grigio chiaro. “L’ascensore è rotto” disse Johnny sorridendo, l’uomo si rivolse allora alle ragazze: “Per di qua, saliamo,su”.