Johnny continuò a camminare, a
testa bassa, guardava il marciapiede sporco sotto di sé, gli capitava di
salutare qualche vagabondo che dormiva vicino ad un cassonetto,sorrideva, poi
passava oltre, un po’ facevano paura anche a lui. Non si ricordava bene quale
traversa fosse,poi riconobbe da lontano il profilo dei palazzi, si avvicinò,
trovò la strada giusta, ottavo piano,ma la finestra era chiusa,la serranda
abbassata, forse non c’è ,pensò Johnny,meglio andarsene, qui sono fuori posto.
Rifece la stessa strada, sudava acqua come fosse una fontana, ripensò mille
volte a quel viso, Martha Damber e la bambina. Magari un giorno potrò venire
qui presto, potrò seguirla, ma no, che sto pensando, lasciamo perdere,
dimentichiamo.
Quando il lunedì uscì di casa non
se la era dimenticata affatto, e nemmeno la sgradita visita del padrone di casa
che gli sollecitava il pagamento della rata di affitto lo riuscì a smuovere
dalla sua fantasia. Non appena il padrone se ne fu andato gli si avvicinò Bob,
“Viviamo come topi e dobbiamo anche pagarlo, bisognerebbe portarlo in
tribunale… roba da far drizzare i capelli”, “Si bravo Bob, portalo in
tribunale, come in quel film…non mi ricordo come si chiama… ma va, torna a casa
e passa una buona serata, no, non mi seguire che tanto non te lo faccio provare
il motorino”.
Arrivò alla pizzeria, la lista
delle ordinazioni era più lunga del previsto, la pila delle pizze anche,
dovettero montare sul posto un baule più grande dietro al motorino. Johnny
aveva le mani sporche di grasso, ma non aveva tempo di lavarsi, il pizzaiolo
gli diede un paio di guanti. “In settembre?”, “Mettiteli e non rompere, se
porti le pizze con quelle mani luride ti cacceranno a calci nel di dietro” gli
disse. Partì e subito le sue vecchie conoscenze si ripresentarono: la cameriera
depressa lo accolse con una maschera per il viso dal colore violaceo, gli diede
una mancia sostanziosa per un calzone con formaggio e prosciutto, un ragazzo
dal viso sciupato e dagli occhi incavati aprì la porta con mani tremanti.
“Quanto?”, “Sette e cinquanta”, “Tanto, tanto,troppo, un attimo ,aspetta qui,
che pizza è?” Johnny vide tante ferite sulle braccia, poi gli si avvicinò una
ragazza, capelli corti rossi, segni sulle braccia anche lei, occhi incavati.
Mise i soldi nella sua mano, “Ecco, pagato, vai,grazie” Gli sbatterono la porta
in faccia. Johnny se ne andò indifferente: una volta gli eroinomani erano più
educati, pagavano anche qualcosa in più. Il prossimo chi è: Mc Bride, ancora
lui, cazzo, o gli piace davvero la pizza oppure ha in programma un’altra serata
a luci rosse. Arrivò con leggero ritardo al suo condominio, fece in tempo a
vedere tre ragazze in minigonna prendere le scale e salire su. Attese un po’,
non era il caso di rompere le scatole, in fondo erano fatti suoi. Quando salì
lo trovò in mutande e camicia, pagò subito. “Grazie, grazie, ma quanto è buona
questa pizza?” disse McBride, “La ringraziamo per la sua fedeltà” rispose
Johnny, “grazie a lei e alla sua famiglia” . McBride sorrise, liquidò Johnny e
chiuse la porta. Mentre scendeva le scale gli venne un pensiero assurdo:
possibile che fosse sempre così inopportuno? Possibile che dovesse capitare a
casa dei clienti proprio durante le loro orge preserali o i loro festini, e poi
,diavolo, queste persone non lavoravano: direttori di banca ,avvocati ,medici,
potrebbero impegnarsi un po’ di più nel loro mestiere invece di farmi fare
figure da scemo quando gli porto le pizze. Altri giri, per tutta la città,
l’ultima consegna lo attendeva che erano già le dieci e mezza, ritardo
stratosferico. Martha Damber, ancora, anche a lei deve piacere la pizza, sul
serio perché con una bambina a casa non potrebbe permettersi festini. Non era
così infatti: la solita graziosa creatura con le trecce gli aprì la porta, poi
arrivò la madre, sempre con lo stesso vestito, questa volta aveva un paio di
occhiali ed un librone in mano, lo poggiò su di un vecchio divano, prese la
borsa, tirò fuori i soldi, gli diede a Johnny. Lui li prese, e già stava per
chiudersi la porta quando non capì più niente. “Aspettate, è troppo,sono solo
sette”; “Ma.. l’ultima volta erano sette e cinquanta” ,”Abbiamo diminuito,
ecco, tenete,arrivederci e scusate per il ritardo”, “Non vi preoccupate, avrete
trovato traffico”. Johnny inspirò profondamente, “Già ,un pochino”. Martha gli
sorrise, alzò la mano per salutarlo, la bambina fece lo stesso. “Come si
chiama?” chiese Johnny, “Barbara”, “Barbara” ripeté Johnny, “Ciao”.
Quella sera dovette anche
consegnare cinquanta centesimi di tasca sua per coprire quella scemata che
aveva fatto con Martha, a mezzanotte passata finì di rimontare il vecchio baule
dietro il motorino, si mise in cammino per tornare a casa. Girava per la città
,ed il suono di quel vecchio macinino riempiva l’aria, come musica jazz di un
fumoso locale. Era uno sghembo ritmo ronzante, persino divertente se ascoltato
con la giusta predisposizione. Questo motorino ha visto poche volte la luce del
giorno, pensò Johnny, domani lo porto a fare un giro, voglio fargli vedere
com’è la città deserta all’ora di pranzo, tanto domani il pranzo lo salto. Si
fermò in un chiosco di panini, comprò un hot dog senza condimento, lo mangiò
velocemente, poi ripartì. Faceva quasi sempre così per cena. A casa si fece una
doccia, l’acqua gelata gli rinfrescò le idee. Guarda, pensò, a qualcosa serve
non avere l’acqua calda. Si sdraiò sul materasso, tornò a leggere il manuale di
legge, era arrivato a pagina cento. Dopo poco Bob bussò alla porta: “Ti va di
scendere da Cherie?”, “No Bob, ti ho già detto che da quella non ci vengo”,
“Dai, non fare il lupo solitario, neanche fosse una puttana”, “L’hai detto tu
Bob”, “Bè, se la pensi così, comunque non sai che ti perdi”, “Dici sempre
così”, “Ma si può sapere che fai la sera?”, “Sto leggendo il tuo manuale di
procedura civile”, Bob rise, “Ah ,bravo, una delle più grande palle che la
storia dell’umanità abbia mai prodotto, l’ho studiato per non so quanto,come è
finito lì scusa?”, “Non lo so Bob, come ti andò l’esame?”, “Promosso, che
domande,non mi ricordo il voto però” “E’ interessante” fece Johnny “qualche
volta dovremmo parlarne insieme, di diritto dico”, “Va bene, ma solo se mi
fai…”, “Vaffanculo Bob, no! Il motorino non lo tocchi!”, “Allora scordatelo!”.
Bob se ne andò,ed era incazzato, Johnny continuò a leggere, non riusciva
proprio a farsela piacere quella Cherie, era davvero una puttana ,e a lui
quelle non erano mai piaciute. Era anche carina,aveva dei begli occhi azzurri,
capelli biondastri, ma…no, non gli andava proprio di diventare suo amico. Erano
più di due anni che abitava sotto di lui e ancora non l’aveva toccata una
volta; beh Johnny a dir la verità non aveva mai toccato nessuna.
Chiuse il libro a pagina cento
venticinque, spense la luce, era ora di dormire: lo stomaco brontolava, ma la
testa era già altrove.
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