Il Gerico era un
locale dall'aspetto sobrio ed elegante. Si trovava piuttosto fuori città,
circondato da strade di campagna. Era poco conosciuto, aveva una clientela
molto selezionata, amanti della musica in generale ma, ancor di più ,del
dannato jazz. Berto e Stanley arrivarono alle dieci in punto, vestiti
elegantemente. Il tempo era più clemente della settimana scorsa: la luna
illuminava la strada di ciottoli bianchi che conduceva al locale e ,come per
magia, sembrarono anche illuminarsi due piccole viole sul ciglio del sentiero.
All'entrata l'odore denso del fumo delle sigarette penetrò nella testa di
Berto, che scrutò la gente intorno a lui, cercando di riconoscere la ragazza di
cui si era invaghito. Non la trovò, ma vide il vecchio, seduto sopra il palco,
che scrutava la platea e parlava con un uomo, forse un suo musicista, dalla
voce incatramata. Berto si avvicinò a lui, il vecchio lo riconobbe, gli fece un
cenno di saluto, poi gli disse di sedersi. Lo spettacolo sarebbe presto
iniziato. Furono di nuovi sogni e allucinazioni, tristi prese di coscienza e
crude riflessioni, tutto nello spazio di una canzone, una lunghissima sarabanda
di oltre dieci minuti , dopo la quale il Signor Domenica si alzò dalla sua
sedia, salutò il pubblico ,fece un inchino sforzato e si ritirò dietro il
palco, svicolando fra la batteria e gli amplificatori, per raggiungere il suo
camerino. Berto ebbe i riflessi pronti e si alzò prontamente dalla sedia,
trangugiò ciò che rimaneva del suo drink e si diresse verso il retropalco.
L'uomo dalla voce incatramata fece per bloccarlo, poi, ricordando del cenno che
il vecchio gli aveva fatto, lo lasciò passare. Quando Berto vide Mister Sunday nell'atto
di aprire la porta del camerino lo chiamò a voce alta, quello si girò, gli
sorrise debolmente. <<Dovevo cercarti a Gerico. Lo avevi detto tu,
no?>> esclamò Berto trionfante, il vecchio lo invitò a seguirlo in
camerino. Quando tutti e due furono entrati e il vecchio si fu seduto, iniziò a
parlare. <<Sei stato bravo>> disse <<Non tanto a trovarmi,
non ci voleva molto a capire che Gerico era questo locale. Piuttosto sono
rimasto stupito dalla tua perseveranza. Credevo mi avresti preso per un pazzo
qualsiasi ,invece mi hai creduto e mi hai cercato>>. Berto pensò allora a
quella ragazza: senza quelle sue profetiche parole forse lui sarebbe mai venuto
al Gerico. Lei era stata la molla che lo aveva fatto scattare. Non sapeva se
dirlo al vecchio oppure no. Decise di tacere. <<Da quanto tempo è che
suoni?>> chiese invece, quello lo guardò, trasse un sospiro, <<Da
molto tempo, da quando tu non eri nato. La sai una cosa, ragazzo? Io non sono
americano, come tu avrai certamente pensato. Sono italiano, solo che mi sono
trasferito all'estero tanto ,tanto tempo fa>>. Berto rimase stupito da
quelle affermazioni, non avrebbe mai supposto che Mister Sunday fosse italiano.
<<Quando sei andato via dall'Italia?>> domandò poi, <<Nel
'43>> rispose il vecchio, Berto prese una sedie e si mise vicino a lui,
<<Posso chiederti il perchè?>>. Era una domanda che non avrebbe mai
voluto fare, ma la curiosità era più forte di qualsiasi cosa. <<Era una
mattina di novembre, faceva tanto freddo. Io ero solo nella mia piccola casa
sulle montagne. Ascoltavo un vecchio disco jazz che mi avevano regalato.
Piangevo. Ad un tratto capì che la mia vita non poteva più essere in Italia,
dovevo andarmene. In quel paese dilaniato dalla guerra non c'era più posto per
me>>. Berto non riuscì a comprendere fino in fondo il discorso del
vecchio, non capiva il motivo reale della sua partenza più di sessant'anni
prima. Berto si alzò e fece per stringere la mano al vecchio, ma quello lo
fermò. <<Non andartene>> disse, <<C'è una persona che ti
voglio presentare>>. Si alzò lentamente dalla sedia, si diresse alla
porta del camerino, la aprì e dietro stava, in piedi, una ragazza sui
trent'anni dai lunghi capelli bruni, con un vestito a fiori rossi e neri. Berto
la riconobbe subito e rimase senza parole. Come faceva ad essere dietro la
porta? Perchè non aveva bussato? Berto non cercò nemmeno di rispondere a queste
domande. Si avvicinò lentamente alla ragazza, il vecchio diede un'occhiata
fugace ad entrambi, poi fece <<Luna, questo è...>>, <<Ci conosciamo
già. Piacere, Luna>> esclamò la ragazza con un sorriso solare, Berto
ricambiò il sorriso ed il saluto, <<Piacere mio Luna, sono Berto. Sei
ancora più bella dell'ultima volta che ti ho visto>>. Luna arrossì, poi
il vecchio fece notare a Berto che si era fatto tardi. Meglio andarsene a
dormire, meglio non far aspettare troppo il povero Stanley. Il vecchio e Luna
accompagnarono Berto fuori dal camerino, lo salutarono cortesemente, Berto si girò per un attimo verso l'uscita di
servizio, poi chiese a voce alta <<Ma è tua figlia?>>. Nessuno era
più vicino a lui. Il vecchio e la ragazza si erano volatilizzati, solamente uno
strano sussurro persisteva, ristagnando nell'aria, <<Sì>>. Berto
ringraziò il vecchio per la risposta ed andò a recuperare Stanley per poi
tornare a casa. Fu uno dei più bei sabati della sua vita.
mercoledì 23 gennaio 2013
giovedì 17 gennaio 2013
Il signor Domenica III
Fece una breve
passeggiata, ma i suoi passi sembravano affondare nelle questioni irrisolte. Il
cielo plumbeo della mattina pesava. Era in una giornata uggiosa come quelle che
ascoltare jazz poteva davvero sembrare la soluzione a tutti i mali. Sbirciando
fra i cortili dei caseggiati in periferia ,Berto non trovò altro che biciclette
rotte, pozzanghere , tossici e ladruncoli che si spartivano un bottino di pochi
euro. Gli sembrava di essere tornato ai tempi della sua infanzia, quando i
poveri esistevano per davvero e si chiamavano persone. Sentiva allora
un'inspiegabile attrazione per i ricordi. Ad un tratto vide, sul ciglio della
strada ,alla fermata del bus in attesa che passasse, un gruppo di ragazze. Una
di loro si voltò a guardarlo: vestiva un abito estivo, a fiori rossi e neri,
aveva i capelli corvini e gli occhi socchiusi, ma tesi verso di lui. A Berto parve
di conoscerla, si avvicinò veloce verso di lei, proprio mentre arrivava il bus.
<<Scusa! Ci conosciamo?>> domandò a bruciapelo, quella lo guardò
sorpresa, poi sorridendo fece <<Credo di no>>. Nella testa di Berto
iniziarono a risuonare le note della sera prima e si sentì pieno di una forza
aliena, <<Potremmo iniziare a conoscerci adesso>> esclamò
smaliziato, poi aggiunse <<Dove ti posso trovare?>>. La ragazza si
lasciò scappare un risolino, poi ,trattenendo a stento un sorriso sincero di
affetto, disse <<Fa tu. Se vuoi cercarmi, mi troverai>>. La ragazza
salì sul pullman ,Berto rimase senza fiato. Pensò di non aver capito bene le
ultime parole di lei. Invece la aveva capite benissimo, erano le stesse parole
che gli aveva detto il vecchio. Non poteva essere solamente un caso. Berto
tremò, credette di essere innamorato di quella ragazza, ripensando al suo viso
incorniciato dai lunghi soffici capelli neri. Gerico, la risposta era lì. Dopo quasi un'ora di sterile cammino, Berto
tornò a casa, si precipitò in camera da letto e prese la cornetta del telefono,
fece il numero di casa di Stanley. <<Devo andare a Gerico>>. Quando
Stanley sentì l'amico pronunciare quella frase scoppiò in una fantastica
risata, <<Ma senti questo! Vuoi fare l'archeologo?>>,
<<Stammi a sentire amico>> rispose serio Berto e con voce nervosa,
<<Stamattina ho visto il vecchio>>, <<Che vecchio?>>,
<<Il Signor Domenica>>, <<Quello là? E dove l'hai
incontrato?>>, <<Sotto casa mia>>, <<Che ci faceva
lì?>>, <<Non lo so. Mi ha detto di cercarlo a Gerico o a La Paz e
che lo vorrò cercare lo troverò. E sai un'altra cosa? Stamattina mentre cercavo
di attaccare bottone con una tipa, anche quella mi ha detto che se vorrò
cercarla la troverò! Ti sembra normale?>>. Stanley disse a Berto di
calmarsi, poi si prese un attimo di tempo per riflettere. <<Quel tipo ha
parlato di Gerico?>>,<<Sì>> rispose Berto,
<<Guarda>> fece Stanley, <<Io non voglio convincerti di
niente, ma quell'uomo, lo hai visto anche tu, non è del tutto normale. Questi
musicisti sono sempre un po' pazzi. Non devi farti affascinare troppo da
lui>>, passò un secondo di silenzio, <<E della ragazza? Che ne
dici?>> chiese Berto, Stanley, dall'altro capo del telefono, si grattava
la fronte e strabuzzava gli occhi, non sapendo più cosa pensare. <<Non
dici niente? Allora mi dai ragione anche tu! Quell'uomo mi vuole dire qualcosa!
E credo che abbia a che fare con quella tipa!><, <<Non correre
Berto>> interruppe Stanley <<Non farti troppi film in testa!
Aspetta e riposati. Vuoi che ci vediamo?>>, <<No, Stanley, voglio
solamente che tu mi dica cosa ne pensi di quella frase su Gerico>>,
<<Gerico...Gerico...mi ricorda qualcosa...aspetta un attimo>> fece
Stanley e poi corse in salotto a raccattare, buttato sopra un tavolino,
l'elenco telefonico della città. Sfogliava una pagina dopo l'altra, ad un
tratto trovò quel che cercava. Riprese in mano la cornetta, <<Berto? Ci
sei?>>, <<Sì>>, <<Gerico non è la città , è un locale
fuori città! E' il nome di un locale>>, Berto sprofondò nel letto,
fissando il soffitto bianco della sua camera da letto, <<Questo spiega un
po' di cose>> disse poi, <<Comunque dobbiamo andarci Stanley. Può
darsi che il vecchio abbia un concerto da fare lì>>,
<<Probabilmente>> rispose Stanley e aggiunse <<Quando ci
andiamo?>>, <<Sabato prossimo>> disse Berto sicuro,
<<Ne sei certo?>>, <<Assolutamente>>. La loro
conversazione finì lì e Berto riprese a sognare di quella ragazza. Era convinto
che al Gerico, a quel locale, l'avrebbe trovata, magari dispersa fra la platea
di ascoltatori incantati dalle note della tromba magica. Il suo sguardo tornò a
posarsi sulla foto con suo padre. Berto era sempre stato fiero di lui, eroe di
guerra, inviato sul fronte africano, poi richiamato in patria per fronteggiare
lo sbarco del nemico nel '43. Berto dedicò un saluto affettuoso al suo
compianto papà, poi scese in cucina a prepararsi qualcosa da mangiare.
giovedì 10 gennaio 2013
Il Signor Domenica
Il locale non
era grandissimo. Una sola, ampia sala. Piena di tavoli. Su ognuno di essi una
candela accesa. Addossato alla parete destra il bancone e due barman
affaccendati a servire le bevande. In fondo un piccolo palco, una sedia vuota,
una batteria, un basso e una chitarra in attesa dei loro musicisti. Berto notò
subito due cose: i tavoli erano quasi tutti pieni ed i clienti erano tutti
uomini. Doveva essere un posto indicato per i delusi e i disincantati
dell'amore. Il jazz, nel suo fluire spezzettato di note sghembe e sudice, era
la musica di chi sceglieva il diavolo al posto di Dio e preferiva la cruda
realtà alle magiche illusioni. Berto e Stanley si sedettero, si sfilarono i
cappotti, ordinarono qualcosa di bere, poi i loro occhi furono catturati dal
palco vuoto. <<Chissà chi c'è>> fece Berto curioso e Stanley capì
che l'amico si stava divertendo.
La dolce luce
del lampadario si abbassò fin quasi a spegnersi. Nella penombra un uomo si
alzò, fece tintinnare i cubetti di ghiaccio dentro il suo bicchiere, prese la
valigetta appoggiata al suo tavolo e si diresse, zoppicante e a piccoli passi,
verso il palco. <<Sarà lui il musicista?>> chiese Berto,
<<Penso di sì>> rispose Stanley e poi i due si unirono all'applauso
che accolse l'uomo sopra il palco. Era vecchio. Aveva il viso pieno di rughe e
spuntavano da sotto il cappello lunghi capelli bianchi e fini, fini tanto da
essere difficili da vedere. Era vestito in gessato grigio, da vecchio gangster
della Chicago anni venti. Aprì la valigetta fra il silenzio spettrale che
doveva precedere la sua esibizione. Sollevò in alto, come fosse una croce, la
sua tromba scintillante da sembrare d'oro. Berto ne fu abbagliato e dovette
coprirsi gli occhi. Per la prima volta da molto tempo si sentì tremare. Non
sapeva se fosse quello strano vecchio o qualcos'altro, ma la noia e la
disperazione di poche ore prima erano state soppiantate da un'incredibile
tensione verso la musica. E la cosa bella era che tutti nella sala parevano
avere la stessa tensione. Il vecchio attese in piedi qualche secondo, poi dal
retropalco sbucarono i musicisti: il batterista, il bassista e il chitarrista.
Un altro applauso, poi si iniziò. Anche i baristi si fermarono ad ascoltare. Le
dita del vecchio si muovevano piano tra uno stantuffo e l'altro della tromba.
Le note uscivano a fatica, ma il loro tenue vibrare nell'aria carica di whisky
e di fumo, sembrò spezzare il corso del tempo e fissare il mondo in un eterno
presente. Ogni gesto si bloccò, le parole persero di significato. Le note di
quella tromba invasero la sala, si annidarono in ciascun angolo, in ogni
molecola dei corpi, il cui eccitante tremore divenne ancora più forte e a
qualcuno sembrava proprio di stare a far l'amore e che accanto a lui ci fosse
la più bella donna del mondo. Poi le note divennero più rabbiose, un grido di
dolore verso il mondo, che squarciò il velo dei sogni infantili. Una svisata al
limite del cacofonico riportò le menti alla realtà, qualcuno per riprendersi
dovette bere un sorso dal proprio bicchiere. Gli strumenti di accompagnamento
non contavano nulla ,nessuno badava a loro. Quella tromba infernale
egemonizzava la scena. I lembi dei vestiti, i capelli della gente parevano
mossi da un vento leggero, proveniente dal respiro del vecchio, come un
fantasma che uscisse dalla sua prigione. Adesso la mente si concentrava sulla
rabbia ,adesso sull'amore, adesso sul futuro, adesso sui ricordi. La volontà di
quello strano signore che soffiava nella tromba guidava a distanza i pensieri
di quelli che lo stavano ascoltando. Si andò avanti per tanto tempo, tanto
quanto nessuno seppe mai. Al morire dell'estrema nota il vecchio tolse la bocca
dalla tromba, trasseun profondo sospiro, guardò negli occhi le persone
ammutolite, neanche in grado di muoversi per applaudirlo. Alla fine l'applauso
ci fu e fu scrosciante. Lui ringraziò con qualche debole inchino, poi rimise la
tromba nella custodia e sparì dietro il sipario in fondo al palco. A quel punto
qualcuno si accorse che era davvero molto tardi e che bisognava far ritorno a
casa. Stanley stava già alzandosi e rimettendosi il cappotto, quando Berto lo
bloccò. <<Aspetta. Voglio conoscerlo>>, <<Chi?>>
domandò Stanley, <<Il vecchio>>, <<Il trombettista?>>,
<<Sì>>. Stanley non parve entusiasta all'idea di doversi fermare
nel locale, ma Berto tirò dritto per la sua strada, imboccando la via dei
camerini. Le sue mani tremavano senza che lui se ne accorgesse. Ora che aveva
ascoltato quella musica, gli sembrava di non poter vivere senza che quella
musica ci fosse. Era tutto sudato, emozionato, rosso in viso. Smaniava per
conoscere il responsabile di tutto ciò. Nessuno lo bloccò all'entrata del
camerino principale. Nessun addetto alla sicurezza, nessun altro musicista o
altro fan. Solo lui. Stanley gli stava dietro. Berto bussò, dopo pochi secondi
la serratura della porta scattò. Aprì delicatamente e vide ,a molti metri da
lui, il vecchio seduto di fronte allo specchio, con ancora il cappello indosso,
intento ad osservare se stesso. <<Come ha fatto ad aprire la porta e a
tornare lì così in fretta?>> chiese sottovoce Stanley, Bertò gli disse di
star zitto e si avvicinò all'uomo. <<Buonasera>> fece con la voce
tremolante. <<Buonasera>> rispose il vecchio e poi li guardò.
<<Voi siete quelli che erano seduti in fondo, vero?>> chiese
sfoggiando un marcato accento americano. <<Sì>> disse Berto, e
sorrise. Il vecchio si alzò dalla sedia un po' a fatica, poi, camminando piano,
si diresse verso un appendiabiti al centro del camerino, dove era risposto il
suo cappotto. <<Se siete qui vuol dire che lo spettacolo vi è
piaciuto>> esclamò mentre si infilava il consunto soprabito. <<Mi
ha molto affascinato>> rispose diretto Berto, il vecchio allora rise di
gusto, <<Meno male che voi giovani siete ancora in grado di capire la mia
musica! E' la più grande soddisfazione che oggi possa avere un vecchio diavolo
di un jazzista come me!>> esclamò, poi si diresse verso l'uscita
,invitando Berto e Stanley a seguirlo. Quando furono fuori dal locale si
accorsero che la pioggia era cessata. I lampioni illuminavano la strada bagnata
e i mendicanti addormentati, rannichiati sotto le loro coperte di cartone. La
quiete era assoluta. <<A volte vorrei essere come loro>> disse il
vecchio indicando a Berto un vagabondo che dormiva sul marciapiede.
<<Perchè?>> chiese Berto, sconcertato. <<Perchè loro sono dei
buoni. Hanno scelto di viaggiare la loro vita insegnando alla gente a leggere
la mano, a predire il futuro o a preparare filtri d'amore. Oppure allietano i
bambini con gli spettacoli di marionette.>>, <<Li ho sempre trovati
persone inutili>> fece Berto sinceramente, <<Oh, no!>>
rispose il vecchio <<Io davvero vorrei vivere così, ma no sono come loro.
Io sono un egoista, non mi preoccupo delle persone. I don't care for people. Io
non prego come loro la mattina e sono stato perfino ad Alcatraz>>. Berto
sussultò, poi il vecchio fece per attraversare la strada e lui lo bloccò,
<<Chi siete?>> domandò di getto, quello lo guardò e sorrise
<<Sono il Signor Domenica. Faccio semplicemente del jazz>>. Berto
rimase colpito da quelle parole, lasciò il braccio del vecchio, si voltò verso
Stanley che era anche lui basito, poi, rivolgendo nuovamente gli occhi alla
strada, si accorse che l'uomo si era volatilizzato, insieme alla valigetta
della tromba. <<Dove è finito?>> chiese a voce alta Berto, Stanley
allargò le braccia <<Non so proprio!>>. Insieme, presero la via del
ritorno, ma quella notte Berto non dormì. I suoi soliti e usuali sogni si
amplificarono e furono invasi dalla visione di quel misterioso musicista , il
Signor Domenica. <<Che vorrà poi mai dire?>> si chiedeva Berto
rigirandosi nel letto, ma senza trovare una risposta. Quando la sveglia suonò
le sette del mattino si alzò, con un bruciore terribile agli occhi e le membra
disfatte, quasi come se il giorno prima l'avesse passato a correre. Osservò con
tenerezza la foto sua e di suo padre in divisa che teneva sul comodino e passò
oltre. Bevve un bicchiere d'acqua, si accorse di non avere fame. Si stava già
vestendo per andare al lavoro che notò il calendario: era Domenica. Gli parve
una curiosa coincidenza, eppure qualcosa gli diceva che non fosse così. Forse
era la sua ragione, forse era una sua illusione, ma quel vecchio doveva pur
essere in qualche modo coinvolto. Andò nel suo studio, accese il computer,
entrò in internet ,digitò poche parole: "Il Signor Domenica". Ottenne
pochi risultati, ma uno di questi era un video, titolato "Mr.
Sunday", ovvero il Signor Domenica. Lo aprì ed attese. Iniziava con una
luce soffusa. Doveva essere una registrazione amatoriale in qualche locale. Poteva
scorgere un palco in lontananza e un uomo in piedi con in mano una tromba e in
testa un cappello. Quando iniziò a suonare Berto sussultò. Era lui, era proprio
lui. Era incredibile. Rimase ad ascoltare quella suadente canzone, poi ritornò
a pensare e ad arrovellarsi nei suoi dubbi. Non trovando alcuna soluzione,
decise di uscire a prendere una boccata d'aria. Infilò la giacca ed uscì.
Scendendo le scale vide, appena fuori dal portone del palazzo, un uomo girato
di spalle. Fece per tirare la maniglia quando quello si voltò: era il vecchio.
Quando Berto fu uscito quello parlò. <<Buongiorno ragazzo>> fece
con voce roca, Berto teneva gli occhi spalancati e non riusciva a proferire
parola. <<Visto che ti è piaciuto il mio spettacolo dell'altra sera,
voglio invitarti alla mia prossima esibizione>>. Passarono alcuni attimi
di silenzio, poi Berto trovò il coraggio di parlare, <<Quando?Dove
sarà?>> domandò, il vecchio si strinse nelle spalle, <<Bah, che ti
posso dire! Un po' qui , un po' là. Se vuoi cercarmi mi troverai>>. Dopo
queste parole fece per andarsene ma Berto lo bloccò perchè non si vanificasse
di nuovo, <<Dove vi devo cercare?>>. Il vecchio chiuse gli occhi,
sembrò quasi piangere, poi però tornò a sorridere e disse <<Prova a
Gerico, oppure a La Paz. Arrivederci ragazzo!>> fece e si slegò dalla
morsa di Berto che lo teneva. Andò verso la strada, attraversò senza guardare.
Arrivato all'altra sponda guardò Berto, gli tese una mano in cenno di saluto e
continuò a camminare nella stessa direzione. In pochi secondi era sparito dalla
vista di Berto, che pensò se a quel punto gli toccasse di andare fino a Gerico
per ricontrare il vecchio e sapere una volta per tutte chi fosse.
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