giovedì 10 gennaio 2013

Il Signor Domenica


Il locale non era grandissimo. Una sola, ampia sala. Piena di tavoli. Su ognuno di essi una candela accesa. Addossato alla parete destra il bancone e due barman affaccendati a servire le bevande. In fondo un piccolo palco, una sedia vuota, una batteria, un basso e una chitarra in attesa dei loro musicisti. Berto notò subito due cose: i tavoli erano quasi tutti pieni ed i clienti erano tutti uomini. Doveva essere un posto indicato per i delusi e i disincantati dell'amore. Il jazz, nel suo fluire spezzettato di note sghembe e sudice, era la musica di chi sceglieva il diavolo al posto di Dio e preferiva la cruda realtà alle magiche illusioni. Berto e Stanley si sedettero, si sfilarono i cappotti, ordinarono qualcosa di bere, poi i loro occhi furono catturati dal palco vuoto. <<Chissà chi c'è>> fece Berto curioso e Stanley capì che l'amico si stava divertendo.
La dolce luce del lampadario si abbassò fin quasi a spegnersi. Nella penombra un uomo si alzò, fece tintinnare i cubetti di ghiaccio dentro il suo bicchiere, prese la valigetta appoggiata al suo tavolo e si diresse, zoppicante e a piccoli passi, verso il palco. <<Sarà lui il musicista?>> chiese Berto, <<Penso di sì>> rispose Stanley e poi i due si unirono all'applauso che accolse l'uomo sopra il palco. Era vecchio. Aveva il viso pieno di rughe e spuntavano da sotto il cappello lunghi capelli bianchi e fini, fini tanto da essere difficili da vedere. Era vestito in gessato grigio, da vecchio gangster della Chicago anni venti. Aprì la valigetta fra il silenzio spettrale che doveva precedere la sua esibizione. Sollevò in alto, come fosse una croce, la sua tromba scintillante da sembrare d'oro. Berto ne fu abbagliato e dovette coprirsi gli occhi. Per la prima volta da molto tempo si sentì tremare. Non sapeva se fosse quello strano vecchio o qualcos'altro, ma la noia e la disperazione di poche ore prima erano state soppiantate da un'incredibile tensione verso la musica. E la cosa bella era che tutti nella sala parevano avere la stessa tensione. Il vecchio attese in piedi qualche secondo, poi dal retropalco sbucarono i musicisti: il batterista, il bassista e il chitarrista. Un altro applauso, poi si iniziò. Anche i baristi si fermarono ad ascoltare. Le dita del vecchio si muovevano piano tra uno stantuffo e l'altro della tromba. Le note uscivano a fatica, ma il loro tenue vibrare nell'aria carica di whisky e di fumo, sembrò spezzare il corso del tempo e fissare il mondo in un eterno presente. Ogni gesto si bloccò, le parole persero di significato. Le note di quella tromba invasero la sala, si annidarono in ciascun angolo, in ogni molecola dei corpi, il cui eccitante tremore divenne ancora più forte e a qualcuno sembrava proprio di stare a far l'amore e che accanto a lui ci fosse la più bella donna del mondo. Poi le note divennero più rabbiose, un grido di dolore verso il mondo, che squarciò il velo dei sogni infantili. Una svisata al limite del cacofonico riportò le menti alla realtà, qualcuno per riprendersi dovette bere un sorso dal proprio bicchiere. Gli strumenti di accompagnamento non contavano nulla ,nessuno badava a loro. Quella tromba infernale egemonizzava la scena. I lembi dei vestiti, i capelli della gente parevano mossi da un vento leggero, proveniente dal respiro del vecchio, come un fantasma che uscisse dalla sua prigione. Adesso la mente si concentrava sulla rabbia ,adesso sull'amore, adesso sul futuro, adesso sui ricordi. La volontà di quello strano signore che soffiava nella tromba guidava a distanza i pensieri di quelli che lo stavano ascoltando. Si andò avanti per tanto tempo, tanto quanto nessuno seppe mai. Al morire dell'estrema nota il vecchio tolse la bocca dalla tromba, trasseun profondo sospiro, guardò negli occhi le persone ammutolite, neanche in grado di muoversi per applaudirlo. Alla fine l'applauso ci fu e fu scrosciante. Lui ringraziò con qualche debole inchino, poi rimise la tromba nella custodia e sparì dietro il sipario in fondo al palco. A quel punto qualcuno si accorse che era davvero molto tardi e che bisognava far ritorno a casa. Stanley stava già alzandosi e rimettendosi il cappotto, quando Berto lo bloccò. <<Aspetta. Voglio conoscerlo>>, <<Chi?>> domandò Stanley, <<Il vecchio>>, <<Il trombettista?>>, <<Sì>>. Stanley non parve entusiasta all'idea di doversi fermare nel locale, ma Berto tirò dritto per la sua strada, imboccando la via dei camerini. Le sue mani tremavano senza che lui se ne accorgesse. Ora che aveva ascoltato quella musica, gli sembrava di non poter vivere senza che quella musica ci fosse. Era tutto sudato, emozionato, rosso in viso. Smaniava per conoscere il responsabile di tutto ciò. Nessuno lo bloccò all'entrata del camerino principale. Nessun addetto alla sicurezza, nessun altro musicista o altro fan. Solo lui. Stanley gli stava dietro. Berto bussò, dopo pochi secondi la serratura della porta scattò. Aprì delicatamente e vide ,a molti metri da lui, il vecchio seduto di fronte allo specchio, con ancora il cappello indosso, intento ad osservare se stesso. <<Come ha fatto ad aprire la porta e a tornare lì così in fretta?>> chiese sottovoce Stanley, Bertò gli disse di star zitto e si avvicinò all'uomo. <<Buonasera>> fece con la voce tremolante. <<Buonasera>> rispose il vecchio e poi li guardò. <<Voi siete quelli che erano seduti in fondo, vero?>> chiese sfoggiando un marcato accento americano. <<Sì>> disse Berto, e sorrise. Il vecchio si alzò dalla sedia un po' a fatica, poi, camminando piano, si diresse verso un appendiabiti al centro del camerino, dove era risposto il suo cappotto. <<Se siete qui vuol dire che lo spettacolo vi è piaciuto>> esclamò mentre si infilava il consunto soprabito. <<Mi ha molto affascinato>> rispose diretto Berto, il vecchio allora rise di gusto, <<Meno male che voi giovani siete ancora in grado di capire la mia musica! E' la più grande soddisfazione che oggi possa avere un vecchio diavolo di un jazzista come me!>> esclamò, poi si diresse verso l'uscita ,invitando Berto e Stanley a seguirlo. Quando furono fuori dal locale si accorsero che la pioggia era cessata. I lampioni illuminavano la strada bagnata e i mendicanti addormentati, rannichiati sotto le loro coperte di cartone. La quiete era assoluta. <<A volte vorrei essere come loro>> disse il vecchio indicando a Berto un vagabondo che dormiva sul marciapiede. <<Perchè?>> chiese Berto, sconcertato. <<Perchè loro sono dei buoni. Hanno scelto di viaggiare la loro vita insegnando alla gente a leggere la mano, a predire il futuro o a preparare filtri d'amore. Oppure allietano i bambini con gli spettacoli di marionette.>>, <<Li ho sempre trovati persone inutili>> fece Berto sinceramente, <<Oh, no!>> rispose il vecchio <<Io davvero vorrei vivere così, ma no sono come loro. Io sono un egoista, non mi preoccupo delle persone. I don't care for people. Io non prego come loro la mattina e sono stato perfino ad Alcatraz>>. Berto sussultò, poi il vecchio fece per attraversare la strada e lui lo bloccò, <<Chi siete?>> domandò di getto, quello lo guardò e sorrise <<Sono il Signor Domenica. Faccio semplicemente del jazz>>. Berto rimase colpito da quelle parole, lasciò il braccio del vecchio, si voltò verso Stanley che era anche lui basito, poi, rivolgendo nuovamente gli occhi alla strada, si accorse che l'uomo si era volatilizzato, insieme alla valigetta della tromba. <<Dove è finito?>> chiese a voce alta Berto, Stanley allargò le braccia <<Non so proprio!>>. Insieme, presero la via del ritorno, ma quella notte Berto non dormì. I suoi soliti e usuali sogni si amplificarono e furono invasi dalla visione di quel misterioso musicista , il Signor Domenica. <<Che vorrà poi mai dire?>> si chiedeva Berto rigirandosi nel letto, ma senza trovare una risposta. Quando la sveglia suonò le sette del mattino si alzò, con un bruciore terribile agli occhi e le membra disfatte, quasi come se il giorno prima l'avesse passato a correre. Osservò con tenerezza la foto sua e di suo padre in divisa che teneva sul comodino e passò oltre. Bevve un bicchiere d'acqua, si accorse di non avere fame. Si stava già vestendo per andare al lavoro che notò il calendario: era Domenica. Gli parve una curiosa coincidenza, eppure qualcosa gli diceva che non fosse così. Forse era la sua ragione, forse era una sua illusione, ma quel vecchio doveva pur essere in qualche modo coinvolto. Andò nel suo studio, accese il computer, entrò in internet ,digitò poche parole: "Il Signor Domenica". Ottenne pochi risultati, ma uno di questi era un video, titolato "Mr. Sunday", ovvero il Signor Domenica. Lo aprì ed attese. Iniziava con una luce soffusa. Doveva essere una registrazione amatoriale in qualche locale. Poteva scorgere un palco in lontananza e un uomo in piedi con in mano una tromba e in testa un cappello. Quando iniziò a suonare Berto sussultò. Era lui, era proprio lui. Era incredibile. Rimase ad ascoltare quella suadente canzone, poi ritornò a pensare e ad arrovellarsi nei suoi dubbi. Non trovando alcuna soluzione, decise di uscire a prendere una boccata d'aria. Infilò la giacca ed uscì. Scendendo le scale vide, appena fuori dal portone del palazzo, un uomo girato di spalle. Fece per tirare la maniglia quando quello si voltò: era il vecchio. Quando Berto fu uscito quello parlò. <<Buongiorno ragazzo>> fece con voce roca, Berto teneva gli occhi spalancati e non riusciva a proferire parola. <<Visto che ti è piaciuto il mio spettacolo dell'altra sera, voglio invitarti alla mia prossima esibizione>>. Passarono alcuni attimi di silenzio, poi Berto trovò il coraggio di parlare, <<Quando?Dove sarà?>> domandò, il vecchio si strinse nelle spalle, <<Bah, che ti posso dire! Un po' qui , un po' là. Se vuoi cercarmi mi troverai>>. Dopo queste parole fece per andarsene ma Berto lo bloccò perchè non si vanificasse di nuovo, <<Dove vi devo cercare?>>. Il vecchio chiuse gli occhi, sembrò quasi piangere, poi però tornò a sorridere e disse <<Prova a Gerico, oppure a La Paz. Arrivederci ragazzo!>> fece e si slegò dalla morsa di Berto che lo teneva. Andò verso la strada, attraversò senza guardare. Arrivato all'altra sponda guardò Berto, gli tese una mano in cenno di saluto e continuò a camminare nella stessa direzione. In pochi secondi era sparito dalla vista di Berto, che pensò se a quel punto gli toccasse di andare fino a Gerico per ricontrare il vecchio e sapere una volta per tutte chi fosse. 

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