mercoledì 23 gennaio 2013

Il signor Domenica


Il Gerico era un locale dall'aspetto sobrio ed elegante. Si trovava piuttosto fuori città, circondato da strade di campagna. Era poco conosciuto, aveva una clientela molto selezionata, amanti della musica in generale ma, ancor di più ,del dannato jazz. Berto e Stanley arrivarono alle dieci in punto, vestiti elegantemente. Il tempo era più clemente della settimana scorsa: la luna illuminava la strada di ciottoli bianchi che conduceva al locale e ,come per magia, sembrarono anche illuminarsi due piccole viole sul ciglio del sentiero. All'entrata l'odore denso del fumo delle sigarette penetrò nella testa di Berto, che scrutò la gente intorno a lui, cercando di riconoscere la ragazza di cui si era invaghito. Non la trovò, ma vide il vecchio, seduto sopra il palco, che scrutava la platea e parlava con un uomo, forse un suo musicista, dalla voce incatramata. Berto si avvicinò a lui, il vecchio lo riconobbe, gli fece un cenno di saluto, poi gli disse di sedersi. Lo spettacolo sarebbe presto iniziato. Furono di nuovi sogni e allucinazioni, tristi prese di coscienza e crude riflessioni, tutto nello spazio di una canzone, una lunghissima sarabanda di oltre dieci minuti , dopo la quale il Signor Domenica si alzò dalla sua sedia, salutò il pubblico ,fece un inchino sforzato e si ritirò dietro il palco, svicolando fra la batteria e gli amplificatori, per raggiungere il suo camerino. Berto ebbe i riflessi pronti e si alzò prontamente dalla sedia, trangugiò ciò che rimaneva del suo drink e si diresse verso il retropalco. L'uomo dalla voce incatramata fece per bloccarlo, poi, ricordando del cenno che il vecchio gli aveva fatto, lo lasciò passare. Quando Berto vide Mister Sunday nell'atto di aprire la porta del camerino lo chiamò a voce alta, quello si girò, gli sorrise debolmente. <<Dovevo cercarti a Gerico. Lo avevi detto tu, no?>> esclamò Berto trionfante, il vecchio lo invitò a seguirlo in camerino. Quando tutti e due furono entrati e il vecchio si fu seduto, iniziò a parlare. <<Sei stato bravo>> disse <<Non tanto a trovarmi, non ci voleva molto a capire che Gerico era questo locale. Piuttosto sono rimasto stupito dalla tua perseveranza. Credevo mi avresti preso per un pazzo qualsiasi ,invece mi hai creduto e mi hai cercato>>. Berto pensò allora a quella ragazza: senza quelle sue profetiche parole forse lui sarebbe mai venuto al Gerico. Lei era stata la molla che lo aveva fatto scattare. Non sapeva se dirlo al vecchio oppure no. Decise di tacere. <<Da quanto tempo è che suoni?>> chiese invece, quello lo guardò, trasse un sospiro, <<Da molto tempo, da quando tu non eri nato. La sai una cosa, ragazzo? Io non sono americano, come tu avrai certamente pensato. Sono italiano, solo che mi sono trasferito all'estero tanto ,tanto tempo fa>>. Berto rimase stupito da quelle affermazioni, non avrebbe mai supposto che Mister Sunday fosse italiano. <<Quando sei andato via dall'Italia?>> domandò poi, <<Nel '43>> rispose il vecchio, Berto prese una sedie e si mise vicino a lui, <<Posso chiederti il perchè?>>. Era una domanda che non avrebbe mai voluto fare, ma la curiosità era più forte di qualsiasi cosa. <<Era una mattina di novembre, faceva tanto freddo. Io ero solo nella mia piccola casa sulle montagne. Ascoltavo un vecchio disco jazz che mi avevano regalato. Piangevo. Ad un tratto capì che la mia vita non poteva più essere in Italia, dovevo andarmene. In quel paese dilaniato dalla guerra non c'era più posto per me>>. Berto non riuscì a comprendere fino in fondo il discorso del vecchio, non capiva il motivo reale della sua partenza più di sessant'anni prima. Berto si alzò e fece per stringere la mano al vecchio, ma quello lo fermò. <<Non andartene>> disse, <<C'è una persona che ti voglio presentare>>. Si alzò lentamente dalla sedia, si diresse alla porta del camerino, la aprì e dietro stava, in piedi, una ragazza sui trent'anni dai lunghi capelli bruni, con un vestito a fiori rossi e neri. Berto la riconobbe subito e rimase senza parole. Come faceva ad essere dietro la porta? Perchè non aveva bussato? Berto non cercò nemmeno di rispondere a queste domande. Si avvicinò lentamente alla ragazza, il vecchio diede un'occhiata fugace ad entrambi, poi fece <<Luna, questo è...>>, <<Ci conosciamo già. Piacere, Luna>> esclamò la ragazza con un sorriso solare, Berto ricambiò il sorriso ed il saluto, <<Piacere mio Luna, sono Berto. Sei ancora più bella dell'ultima volta che ti ho visto>>. Luna arrossì, poi il vecchio fece notare a Berto che si era fatto tardi. Meglio andarsene a dormire, meglio non far aspettare troppo il povero Stanley. Il vecchio e Luna accompagnarono Berto fuori dal camerino, lo salutarono cortesemente,  Berto si girò per un attimo verso l'uscita di servizio, poi chiese a voce alta <<Ma è tua figlia?>>. Nessuno era più vicino a lui. Il vecchio e la ragazza si erano volatilizzati, solamente uno strano sussurro persisteva, ristagnando nell'aria, <<Sì>>. Berto ringraziò il vecchio per la risposta ed andò a recuperare Stanley per poi tornare a casa. Fu uno dei più bei sabati della sua vita. 

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