giovedì 5 aprile 2012

Tornando a casa

Tornando a casa
Questo era il titolo di un film sul Vietnam e Latina, a parte forse le buche per terra, non c'entra molto. Ma qui si tratta di tornare a casa, e ,a suo modo, è stata un po' una guerra. Abbiamo cominciato a Verona, quando una madre con al seguito una legione di figli scout ha preso posizione di fronte a me. Ci è mancato poco che mi riempissero di catrame e piume. Me la sono cavata con uno sputo di tonno sulla palpebra ed una sordità quasi totale. Fortuna che sono scesi a Bologna, sfortuna che al posto loro è arrivata una congregazione di vecchine che, con fare angelico e con chiome candide, hanno occupato una buona mezza dozzina di posti, tra cui quello accanto a me. Per i primi venti minuti è filato tutto liscio, a parte qualche macabro commento sull'ontologia del cancro alla prostata. Poi però si è scoperto che una delle vetuste donnine è una professoressa di lettere in pensione(probabilmente incaricata dal Ministro Gentile) e la sua voglia d'esami, covata nell'ombra per credo ormai trent'anni, è esplosa nei confronti di un decenne biondo e paffuto bambino, in compagnia della madre, seduto a fianco alla vecchia, la quale, subito accortasi della scarsa propensione del bimbo allo studio, a iniziato a tormentarlo di domande. Si è iniziato con la storia d'Italia, ove la signora, probabilmente scavando tra i ricordi dell'infanzia, ha parlato di primo triumvirato, di età augustea, di papato e di seconda guerra d'indipendenza. Il povero bimbo, sovrastato da cotanta cultura, ha subito assunto il tipico atteggiamento difensivo dell'infante ben educato: ha incrociato le mani, ha impostato una leggera espressione di ammirazione ed ha iniziato ad annuire ad intervalli regolari per circa quaranta minuti. La prof, a questo punto gasata a mille, ha preso a parlar di geografia, tirando fuori arcipelaghi con denominazione vecchie di circa sei secoli, villaggi appenninici oramai inesistenti, fiumi e conformazioni montuose risalenti al Pleistocene e via dicendo. A Firenze è scesa, e, quando il treno è ripartito, il bimbo ha avuto un collasso. aveva perso trentacinque chili in sudore. i capelli gli erano divenuti bianchi. Ma almeno aveva imparato chi era Licinio Crasso. Io, per parte mia, mi ero rifugiato nella lettura, anche per sopportare la fatica di un viaggio iniziato alle cinque e mezza del pomeriggio, con arrivo previsto alle dieci meno dieci ed un altro treno da prendere alle dieci meno cinque. Il resto del viaggio è stato più o meno tranquillo, se si esclude il dramma, comunicatoci da un passeggero munito di iphone con collegamento internet, di un'ultima ora tragica: anziana signora pestata su di un autobus alla Stazione di Firenze Campo Marte. Oggi quella signora starà meglio, ed io sono a casa. E' stata una bella notte, tutto sommato, anche se in situazioni come queste si impara a rimpiangere il gusto per il riscaldamento domestico che hanno i trentini. Difatti sono riuscito a provare freddo in uno dei luoghi più afosi dell'intera penisola, e per di più a primavera inoltrata. Mi sono mancati i discorsi unilaterali sul sesso che animano le serate degli ingegneri trentini, mi sono  mancati i piselli della mensa(non è vero ma lo devo dire). Mi è mancato, soprattutto, Biagio l'Originale; il suo entusiasmo nel venire a capo di complesse equazioni, la sua geometrica astuzia e logica seriosità nel condurre ,come un vero personaggio cosmico-storico(o comico storico, fate voi) il suo esercito nel mentre di una partita ad Age of Empires; la sua strana logica su come funzionano gli innamoramenti; le sue disquisizioni sul kung-fu e il judo. Ci vediamo presto, Biagio! Però quando ci vediamo non parlare troppo, ok?


P.S Un saluto anche a Biagio l'Orientale, attendendo un suo prossimo post in salsa pasquale.

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