Arrivò il
sabato, il giorno che Berto tanto aveva atteso. Il pomeriggio telefonò a
Stanley, parlarono del più e del meno. ad un tratto Berto disse che sarebbe
andato di nuovo a vedere il Signor Domenica. <<Non ti ho chiamato perchè
pensavo che non saresti voluto venire>> si scusò Berto con l'amico ed
aggiunse <<Poi credo che quello voglia vedersi a quattr'occhi, sento che
mi deve dire qualcosa. Ma dobbiamo sbrigarcela noi due>>, <<Parli
come se vi doveste sparare>> disse ridendo Stanley <<Non
preoccuparti, non mi andava di venire ad ascoltare ancora jazz, mi ha un po'
stancato, ma sono contento che tu ti sia appassionato>>. Berto mise giù
la cornetta, preparò i vestiti da mettersi, voleva essere raggiante. Indossò il
miglior smoking che avesse, con tanto di fiore all'occhiello, si pettinò con
cura i capelli e se li impomatò. Rimase diversi minuti a guardarsi allo specchio,
scoprendò in sè una vanità sconosciuta. Se ne vergognò un poco, poi infilò il
cappotto ,diede un'occhiata all'orologio e uscì di casa. In macchina ci mise
pochi minuti a trovare il La Paz. Fu fortunato piuttosto a scovare un
parcheggio libero in centro il sabato sera. Davanti al locale c'era una piccola
folla di gente. Tutti erano accorsi per il Signor Domenica. Berto fece una
smorfia sarcastica e si apprestò ad entrare. Una luce rossa illuminava
stancamente la sala destinata al concerto. I numerosi tavoli erano tutti
affollati. Berto prese posto, ordinò qualcosa da bere, poi venne disturbato da
un soffio d'aria che gli penetrò nell'orecchio. Si voltò, vide Luna con gli
occhi spalancati e sorridenti. <<Ho soffiato io>> disse e poi
abbracciò Berto e si baciarono nella semioscurità. <<Tuo padre
dov'è?>> chiese lui, <<Si sta preparando>> rispose Luna,
<<Vuole che vada a parlargli adesso, prima del concerto?>>,
<<No, meglio di no. E' meglio dopo>>, <<Va bene>> fece
Berto e si sedette con vicino Luna e non riusciva a dirle niente per quanto era
bella. Dopo poco entrò il vecchio. Si muoveva ,come al solito ,stancamente, e
nascondeva lo sguardo sotto il solito cappello. Solo allora Berto pensò che non
aveva mai visto bene gli occhi del Signor Domenica. Accolto da uno scrosciante
applauso, il vecchio si sedette ed iniziò a suonare, muovendo piano le dita
sulla tromba. Berto rimase sconcertato. La canzone che sentiva non era la
solita con cui aveva aperto i due concerti precedenti, anzi, era proprio una
canzone nuova. A Berto parve strano, e oltretutto la melodia prodotta dalla
tromba era più malinconica del normale. Berto tremò, ma non fu un'emozione
felice, fu paura. Le svisate della tromba parevano spari, spari che risuonarono
nella testa di Berto, spari che il padre gli aveva raccontato di aver visto
durante la guerra, gli spari con cui lui e tanti suoi commilitoni sparavano ai
nemici e ai partigiani. Le note del Signor Domenica disegnarono nella testa di
Berto i sentieri di montagna su cui si era combattuta quella maledetta guerra,
e suo padre che aveva di fronte un partigiano e doveva decidere se premere o no
il grilletto. Dopo pochi minuti non riuscì più a sopportare quella musica,
abbassò la testa e mise le mani sulle orecchie. Luna si spaventò, <<E'
successo qualcosa?>> chiese, ma Berto non rispose, <<Che
hai?>> continuò lei, <<Niente>> fece lui con voce tremante,
ma in cuor suo pregava il vecchio di smetterla con quella musica. Ma Mister
Sunday non si fermava ,anzi, il dolore di Berto sembrava dargli forza. La canzone
diventava ogni secondo più dura, più triste, sanguinava rabbia da ogni poro.
Questo era il vero jazz, il jazz dei reietti e degli abbandonati, il jazz dei
negri di campagna, la musica del diavolo, e il Signor Domenica pareva
conoscerne tutti i segreti. Alla fine del primo pezzo il vecchio tossì, si alzò
dalla sedia, parve barcollare, ma rimase in piedi e riprese a maneggiare la
tromba. Il concerto durò a lungo e Berto rimase per tutto il tempo con gli
occhi chiusi, soffrendo in silenzio e mentendo a Luna sulle sue condizioni. I
brutti ricordi si mescolavano ad immagini infernali evocate da quelle note. Era
una tortura. Minuto dopo minuto, a l'una di notte passata, il dolore iniziò a
scemare. Si approssimava la fine. Quando fu concluso l'ultimo pezzo,il Signor
Domenica fece un ghigno beffardo, rivolto al pubblico, e il pubblico rispose
con un applauso, il più forte che Berto avesse mai sentito in vita sua. Il vero
jazz, dall'anima sanguinante,lo aveva stordito, e se ne stava lì, vicino alla
donna che amava, sentendosi prigioniero di una musica surreale. Quando il
vecchio scese dal palco e si ritirò nel retroscena, Berto ricominciò a
riacquistare i sensi. Luna lo accarezzava dolcemente. <<Devo parlare con
tuo padre>> disse ansimando, <<Aspetta. C'è tempo. Se non ti senti
bene...>>, <<No, devo parlargli>> tagliò corto e si alzò
contando su tutte le sue forze. Quando riaprì gli occhi vide che il locale era
già deserto. C'erano solo lui e Luna. Alla fine Berto, sentendosi di nuovo
mancare, pensò fosse meglio prendere una boccata d'aria. Si fece accompagnare
da Luna fuori dal locale. La notte gli piaceva: era fresca e arieggiata.
Respirò a pieni polmoni, si sentì davvero meglio ,ma la paura non se ne era
andata dal suo cuore. Fu solo un istante in cui riuscì a calmarsi, poi notò lo
sguardo di Luna rivolgersi all'indietro, come se fosse arrivato qualcuno.
<<State davvero bene insieme>> disse il vecchio con la sua voce
roca e incatramata. Berto si sforzò di sorridere e lasciò che il fresco vento
gli passasse tra i capelli. Ma ormai non era più solo con se stesso. Il Signor
Domenica gli si fece vicino, senza nemmeno degnare di uno sguardo la figlia.
<<Allora. Ti è piaciuto lo spettacolo?>> chiese. Berto annuì, ma il
vecchio scosse la testa, <<Non mentire. Non ti è piaciuto. Ti ho visto,
sai, stavi male, tenevi la testa bassa, ti davano fastidio le mie canzoni. Si
vede che non ti piacevano>>, <<No, no>> rispose Berto
<<Erano solamente diverse dalle solite. Sono nuove?>>. Il vecchio
sorrise, fece un passo avanti, allargò le braccia. Intorno a lui la strada
deserta, i palazzoni bui e dalle pareti sporche e cadenti, i lampioni
illuminavano il marciapiede dove le ombre proiettate di Berto e del vecchio
sembravano davvero toccarsi, abbracciarsi, legarsi in un valzer mortale.
<<No>> fece il vecchio, <<Non sono nuove. Anzi, a dire la
verità sono molto vecchie. Le ho scritte tanto tempo, addirittura più di
sessant'anni fa. Sai quanti anni ho?>>, Berto scosse la testa. Luna si
avvicinò a lui ,gli mise le mani sulla spalla sinistra, per consolarlo. Nemmeno
lei sapeva cosa stesse succedendo. <<Guardali!>> fece ad un tratto
il vecchio, indicando un gruppo di gatti randagi che frugavano fra la
spazzatura abbandonata vicino ad un cassone. <<Cosa devo guardare?>>
fece Berto, <<Loro!>> sbraitò il vecchio <<Senti come
miagolano! Sono davvero dei teppisti, eppure i loro miagolii sembrano tanto,
troppo onesti per una sera come questa, una sera, anzi, una notte, in cui
abbiamo insieme un musicista maledetto e un assassino!>>. A Berto mancò il
respiro, <<Che assassino? chi è ?>> chiese. Il Signor Domenica si
avvicinò a Berto mentre dai tombini sulla strada iniziava ad uscire un denso
fumo, fetido e nero. <<Sei tu l'assassino!>> disse il vecchio
<<Non sei forse un soldato?>>, Berto fissò l'uomo negli occhi,
scansò instinvamente Luna che si allontanò senza dire una parola. <<Io
no. Mio padre era un soldato>>, il vecchio grugnì <<Allora tu hai
ereditato la sua colpa>>, <<Che colpa?>> chiese esasperato
Berto. Il Signor Domenica, con calma, fece cenno a Luna di avvicinarsi. Lei
obbedì, tenendo lo sguardo basso. Berto si chiese se lei sapesse, ma lei non
sapeva. <<Ti ho detto che sono nato in Italia?>> domandò il
vecchio, Berto disse di sì. <<Sai che abitavo in un borgo di montagna? Io
la tromba ho iniziato a suonarla molto tardi. All'inizio facevo solo il
falegname e nemmeno troppo bene. Però con le persone ci sapevo fare>>. Il
fumo continuava ad invadere la strada mentre il vecchio continuava a parlare.
<<Ero davvero simpatico. Parlavo molto di più di quanto non faccia
adesso, e avevo una famiglia. Avevo lei>> esclamò stringendo a sè Luna.
Berto notò che le guance dell'uomo iniziavano a rigarsi di lacrime, una folata
di vento gli fece volare via il cappello, rivelando il capo bianco e scompigliato.
Ebbe pietà del Signor Domenica, l'ebbe per davvero e si sentì colpevole, anche
se non lo era. <<Lei era mia figlia. Mi sorrideva ogni mattina, lavorava
nell'orto vicino casa mia, scendeva in paese a fare compere, e combatteva
insieme a noi partigiani, durante la guerra. Era brava a salire i sentieri ,
anche ad arrampicarsi, davvero brava. Poi un giorno ci hanno preso, ci hanno
assalito, ed io mi sono inchinato di fronte al fucile dei tedeschi, di fronte
al fucile degli italiani. Li ho pregati di risparmiarci la vita. Non ci hanno
dato ascolto. Abbiamo combattuto, sai, abbiamo combattuto tanto. Abbiamo perso.
Io sono scappato giù per la montagna ,ferito, sono scappato tenendo gli occhi
chiusi. Ma Luna no. Luna è rimasta ed è stata uccisa, ho visto il momento in
cui tuo padre la uccideva>>. Berto non disse una parola, ormai il vecchio
era avvolto dalla nebbia nera, nell'aria risuonavano note e uno strano rumore,
come di un treno in avvicinamento. Luna era lontana, insieme al padre. Berto si
chiese se fosse mai esistita. Il vecchio non aveva però perso la forza di
parlare e, nonostante il pianto, continuò rabbioso. <<Dopo la guerra sono
andato in America. Non riuscivo più a vivere nel paese dove mia figlia era
morta. Sono diventato un jazzista, ho scoperto che suonare la tromba alleviava
il dolore, ma una sola cosa, credo, mi ha spinto ad andare avanti. Avevo voglia
di vendicarmi e se hai del male nel cuore ,ebbene, il jazz te lo fa crescere
ancora di più. Vedi l'inferno quando suoni jazz e la cosa più triste è che ti
piace l'inferno che vedi. Non sai quanto tempo ho pregato il diavolo perchè
riportasse mia figlia nel mondo ,così che io potessi attuare la mia vendetta.
Ora ci sono riuscito. Tu hai visto mia figlia, hai parlato con lei, l'hai amata
e continui ad amarla. Questo è quello che io ho perso. Ho perso Luna. Tuo padre
è morto, ma io no ed adesso morirai tu nel modo in cui sarebbe dovuto morire
lui>>. Il vecchio tirò fuori dalla tasca del lungo cappotto quella che
sembrava essere una pistola. Berto la intravide fra il fumo, aveva voglia di
scappare, ma sembrava paralizzato. Le sue gambe non riuscivano a muoversi, come
se il fumo lo tenesse stretto per offrirlo al macello. <<Io non ho fatto
niente!>> urlò <<Perchè devo morire io? Luna, perchè devo morire
io? Luna, perchè non possiamo vivere insieme?>>. Luna lo guardava con un
sorriso triste. Adesso quella ragazza sembrava davvero un fantasma. sapeva che
suo padre avesse ucciso della gente, ma non avrebbe mai immaginato di subirne
lui le colpe. Pensò per un solo istante se avesse potuto, in quel momento,
vivere per sempre con Luna, amarla come si deve ad una vera donna. Avrebbe così
espiato la colpa del padre, avrebbe pulito la sua memoria, avrebbe reso
giustizia al Signor Domenica. Lo pensò sinceramente ed in quel momento Luna
parlò. <<Sono morta, ma voglio bene a quest'uomo. Papà! Io gli voglio
bene!>>. Il vecchio scrutò la disperazione di Berto, il fumo
all'improvviso si infittì, il rumore del treno si fece sempre più insistente.
Berto non lo potè vedere, ma il vecchio abbassò la pistola. <<Ti ho messo
alla prova ragazzo, e anche se vorrei tanto ucciderti, tu non sei colpevole
quanto lo fu tuo padre. Pace sia all'anima sua, ed anche alla mia. I patti
vanno rispettati. Avevo promesso all'inferno un'anima. Ora mi toccherà dargli
la mia, ma tanto sono vecchio e non ho molto da perdere>>.
,<<No!>< fece Berto con la vista annebbiata, non poteva vedere
nient'altro che non fosse fumo e oscurità, le note ripresero a suonare.
<<Mi dispiace>> continuò Mister Sunday, <<Ma devo prendere un
treno per l'aldilà>>. Berto era chiuso nel buio, ma all'improvviso si
accorse di poter muovere un braccio, poi una gamba, poi l'altra. Corse. Corse
senza pensare. Corse solo per scappare, dietro e davanti a sè aveva buio e
fumo, ma corse lo stesso. Corse ad occhi chiusi. Quando ,dopo molti minuti, li
aprì, era solo in una piazza vuota, una piazza che conosceva. Era quella dove
aveva parcheggiato la macchina. Infatti la sua macchina era ancora lì, l'unica
in mezzo a tanti posti vuoti. Aprì la portiera, mise le chiavi nel quadro e
partì. Arrivato a casa si gettò nel letto e si addormentò.
La mattina dopo
fu svegliato da una telefonata. Era Stanley. <<Buongiorno. Come è andata
ieri sera? Ti sei divertito?>>, <<Ah, sì, abbastanza, ma, senti, ti
richiamo dopo. Ora sono troppo stanco. Ieri ho fatto tardi>> fece Berto e
riattaccò. Avrebbe voluto rimanere a letto, invece si alzò , fece colazione,
notò che era una bellissima giornata,anche se decisamente fredda. Indossò il
suo cappotto più pesante ed uscì. LA strada era animata da un'insolita
vitalità. Famiglie a passeggio con i bambini, ragazzi a gruppi che parlavano a
voce alta. Berto fece una lunga passeggiata, respirando l'aria pura del
mattino. Si chiedeva che fine avesse fatto il Signor Domenica. Si ricordava di
esserlo andato a vedere la sera prima, di averlo sentito suonare canzoni molti
tristi, ma poi gli pareva di essersene andato senza nemmeno salutarlo. Gran
bravo jazzista il Signor Domenica. Berto gli augurò successo dovunque fosse
andato a portare le sue note sognanti. D'un tratto vide un gruppo di ragazze
ferme ad aspettare l'autobus. Ce ne era una che gli piaceva molto: aveva i
capelli neri, gli occhi rivolti verso di lui. Indossava un vestito a fiori
rossi e neri. Berto decise di rispolverare l'antico metodo per rimorchiare una
ragazza. Si avvicinò con noncuranza a lei, proprio mentre arrivava il bus.
<<Ci conosciamo per caso?>> le chiese così a bruciapelo, lei lo
squadrò da capo a piedi, <<Credo proprio di no>> disse un po'
stizzita. Berto allora sorrise nel modo più sincero che poteva, sgranò gli
occhi davanti a lei. <<Potremmo iniziare a conoscerci adesso>> fece
e la ragazza si sciolse. Sorrise anche lei, arrossì un poco, ma proprio in quel
momento si fermò il bus e lei dovette prenderlo al volo. <<Scusa devo
andare>> disse a Berto, ma lui la trattenne per un attimo <<Dove
posso trovarti?>> domandò, lei salì sul bus, sorrise e fece <<Dove
ti pare. Se vuoi cercarmi, mi troverai>>. Salutò e il bus partì. Berto
mise le mani in tasca e riprese a camminare, fischiettando un motivo jazz.
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