venerdì 15 febbraio 2013

Il signor Domenica-ultima parte


Arrivò il sabato, il giorno che Berto tanto aveva atteso. Il pomeriggio telefonò a Stanley, parlarono del più e del meno. ad un tratto Berto disse che sarebbe andato di nuovo a vedere il Signor Domenica. <<Non ti ho chiamato perchè pensavo che non saresti voluto venire>> si scusò Berto con l'amico ed aggiunse <<Poi credo che quello voglia vedersi a quattr'occhi, sento che mi deve dire qualcosa. Ma dobbiamo sbrigarcela noi due>>, <<Parli come se vi doveste sparare>> disse ridendo Stanley <<Non preoccuparti, non mi andava di venire ad ascoltare ancora jazz, mi ha un po' stancato, ma sono contento che tu ti sia appassionato>>. Berto mise giù la cornetta, preparò i vestiti da mettersi, voleva essere raggiante. Indossò il miglior smoking che avesse, con tanto di fiore all'occhiello, si pettinò con cura i capelli e se li impomatò. Rimase diversi minuti a guardarsi allo specchio, scoprendò in sè una vanità sconosciuta. Se ne vergognò un poco, poi infilò il cappotto ,diede un'occhiata all'orologio e uscì di casa. In macchina ci mise pochi minuti a trovare il La Paz. Fu fortunato piuttosto a scovare un parcheggio libero in centro il sabato sera. Davanti al locale c'era una piccola folla di gente. Tutti erano accorsi per il Signor Domenica. Berto fece una smorfia sarcastica e si apprestò ad entrare. Una luce rossa illuminava stancamente la sala destinata al concerto. I numerosi tavoli erano tutti affollati. Berto prese posto, ordinò qualcosa da bere, poi venne disturbato da un soffio d'aria che gli penetrò nell'orecchio. Si voltò, vide Luna con gli occhi spalancati e sorridenti. <<Ho soffiato io>> disse e poi abbracciò Berto e si baciarono nella semioscurità. <<Tuo padre dov'è?>> chiese lui, <<Si sta preparando>> rispose Luna, <<Vuole che vada a parlargli adesso, prima del concerto?>>, <<No, meglio di no. E' meglio dopo>>, <<Va bene>> fece Berto e si sedette con vicino Luna e non riusciva a dirle niente per quanto era bella. Dopo poco entrò il vecchio. Si muoveva ,come al solito ,stancamente, e nascondeva lo sguardo sotto il solito cappello. Solo allora Berto pensò che non aveva mai visto bene gli occhi del Signor Domenica. Accolto da uno scrosciante applauso, il vecchio si sedette ed iniziò a suonare, muovendo piano le dita sulla tromba. Berto rimase sconcertato. La canzone che sentiva non era la solita con cui aveva aperto i due concerti precedenti, anzi, era proprio una canzone nuova. A Berto parve strano, e oltretutto la melodia prodotta dalla tromba era più malinconica del normale. Berto tremò, ma non fu un'emozione felice, fu paura. Le svisate della tromba parevano spari, spari che risuonarono nella testa di Berto, spari che il padre gli aveva raccontato di aver visto durante la guerra, gli spari con cui lui e tanti suoi commilitoni sparavano ai nemici e ai partigiani. Le note del Signor Domenica disegnarono nella testa di Berto i sentieri di montagna su cui si era combattuta quella maledetta guerra, e suo padre che aveva di fronte un partigiano e doveva decidere se premere o no il grilletto. Dopo pochi minuti non riuscì più a sopportare quella musica, abbassò la testa e mise le mani sulle orecchie. Luna si spaventò, <<E' successo qualcosa?>> chiese, ma Berto non rispose, <<Che hai?>> continuò lei, <<Niente>> fece lui con voce tremante, ma in cuor suo pregava il vecchio di smetterla con quella musica. Ma Mister Sunday non si fermava ,anzi, il dolore di Berto sembrava dargli forza. La canzone diventava ogni secondo più dura, più triste, sanguinava rabbia da ogni poro. Questo era il vero jazz, il jazz dei reietti e degli abbandonati, il jazz dei negri di campagna, la musica del diavolo, e il Signor Domenica pareva conoscerne tutti i segreti. Alla fine del primo pezzo il vecchio tossì, si alzò dalla sedia, parve barcollare, ma rimase in piedi e riprese a maneggiare la tromba. Il concerto durò a lungo e Berto rimase per tutto il tempo con gli occhi chiusi, soffrendo in silenzio e mentendo a Luna sulle sue condizioni. I brutti ricordi si mescolavano ad immagini infernali evocate da quelle note. Era una tortura. Minuto dopo minuto, a l'una di notte passata, il dolore iniziò a scemare. Si approssimava la fine. Quando fu concluso l'ultimo pezzo,il Signor Domenica fece un ghigno beffardo, rivolto al pubblico, e il pubblico rispose con un applauso, il più forte che Berto avesse mai sentito in vita sua. Il vero jazz, dall'anima sanguinante,lo aveva stordito, e se ne stava lì, vicino alla donna che amava, sentendosi prigioniero di una musica surreale. Quando il vecchio scese dal palco e si ritirò nel retroscena, Berto ricominciò a riacquistare i sensi. Luna lo accarezzava dolcemente. <<Devo parlare con tuo padre>> disse ansimando, <<Aspetta. C'è tempo. Se non ti senti bene...>>, <<No, devo parlargli>> tagliò corto e si alzò contando su tutte le sue forze. Quando riaprì gli occhi vide che il locale era già deserto. C'erano solo lui e Luna. Alla fine Berto, sentendosi di nuovo mancare, pensò fosse meglio prendere una boccata d'aria. Si fece accompagnare da Luna fuori dal locale. La notte gli piaceva: era fresca e arieggiata. Respirò a pieni polmoni, si sentì davvero meglio ,ma la paura non se ne era andata dal suo cuore. Fu solo un istante in cui riuscì a calmarsi, poi notò lo sguardo di Luna rivolgersi all'indietro, come se fosse arrivato qualcuno. <<State davvero bene insieme>> disse il vecchio con la sua voce roca e incatramata. Berto si sforzò di sorridere e lasciò che il fresco vento gli passasse tra i capelli. Ma ormai non era più solo con se stesso. Il Signor Domenica gli si fece vicino, senza nemmeno degnare di uno sguardo la figlia. <<Allora. Ti è piaciuto lo spettacolo?>> chiese. Berto annuì, ma il vecchio scosse la testa, <<Non mentire. Non ti è piaciuto. Ti ho visto, sai, stavi male, tenevi la testa bassa, ti davano fastidio le mie canzoni. Si vede che non ti piacevano>>, <<No, no>> rispose Berto <<Erano solamente diverse dalle solite. Sono nuove?>>. Il vecchio sorrise, fece un passo avanti, allargò le braccia. Intorno a lui la strada deserta, i palazzoni bui e dalle pareti sporche e cadenti, i lampioni illuminavano il marciapiede dove le ombre proiettate di Berto e del vecchio sembravano davvero toccarsi, abbracciarsi, legarsi in un valzer mortale. <<No>> fece il vecchio, <<Non sono nuove. Anzi, a dire la verità sono molto vecchie. Le ho scritte tanto tempo, addirittura più di sessant'anni fa. Sai quanti anni ho?>>, Berto scosse la testa. Luna si avvicinò a lui ,gli mise le mani sulla spalla sinistra, per consolarlo. Nemmeno lei sapeva cosa stesse succedendo. <<Guardali!>> fece ad un tratto il vecchio, indicando un gruppo di gatti randagi che frugavano fra la spazzatura abbandonata vicino ad un cassone. <<Cosa devo guardare?>> fece Berto, <<Loro!>> sbraitò il vecchio <<Senti come miagolano! Sono davvero dei teppisti, eppure i loro miagolii sembrano tanto, troppo onesti per una sera come questa, una sera, anzi, una notte, in cui abbiamo insieme un musicista maledetto e un assassino!>>. A Berto mancò il respiro, <<Che assassino? chi è ?>> chiese. Il Signor Domenica si avvicinò a Berto mentre dai tombini sulla strada iniziava ad uscire un denso fumo, fetido e nero. <<Sei tu l'assassino!>> disse il vecchio <<Non sei forse un soldato?>>, Berto fissò l'uomo negli occhi, scansò instinvamente Luna che si allontanò senza dire una parola. <<Io no. Mio padre era un soldato>>, il vecchio grugnì <<Allora tu hai ereditato la sua colpa>>, <<Che colpa?>> chiese esasperato Berto. Il Signor Domenica, con calma, fece cenno a Luna di avvicinarsi. Lei obbedì, tenendo lo sguardo basso. Berto si chiese se lei sapesse, ma lei non sapeva. <<Ti ho detto che sono nato in Italia?>> domandò il vecchio, Berto disse di sì. <<Sai che abitavo in un borgo di montagna? Io la tromba ho iniziato a suonarla molto tardi. All'inizio facevo solo il falegname e nemmeno troppo bene. Però con le persone ci sapevo fare>>. Il fumo continuava ad invadere la strada mentre il vecchio continuava a parlare. <<Ero davvero simpatico. Parlavo molto di più di quanto non faccia adesso, e avevo una famiglia. Avevo lei>> esclamò stringendo a sè Luna. Berto notò che le guance dell'uomo iniziavano a rigarsi di lacrime, una folata di vento gli fece volare via il cappello, rivelando il capo bianco e scompigliato. Ebbe pietà del Signor Domenica, l'ebbe per davvero e si sentì colpevole, anche se non lo era. <<Lei era mia figlia. Mi sorrideva ogni mattina, lavorava nell'orto vicino casa mia, scendeva in paese a fare compere, e combatteva insieme a noi partigiani, durante la guerra. Era brava a salire i sentieri , anche ad arrampicarsi, davvero brava. Poi un giorno ci hanno preso, ci hanno assalito, ed io mi sono inchinato di fronte al fucile dei tedeschi, di fronte al fucile degli italiani. Li ho pregati di risparmiarci la vita. Non ci hanno dato ascolto. Abbiamo combattuto, sai, abbiamo combattuto tanto. Abbiamo perso. Io sono scappato giù per la montagna ,ferito, sono scappato tenendo gli occhi chiusi. Ma Luna no. Luna è rimasta ed è stata uccisa, ho visto il momento in cui tuo padre la uccideva>>. Berto non disse una parola, ormai il vecchio era avvolto dalla nebbia nera, nell'aria risuonavano note e uno strano rumore, come di un treno in avvicinamento. Luna era lontana, insieme al padre. Berto si chiese se fosse mai esistita. Il vecchio non aveva però perso la forza di parlare e, nonostante il pianto, continuò rabbioso. <<Dopo la guerra sono andato in America. Non riuscivo più a vivere nel paese dove mia figlia era morta. Sono diventato un jazzista, ho scoperto che suonare la tromba alleviava il dolore, ma una sola cosa, credo, mi ha spinto ad andare avanti. Avevo voglia di vendicarmi e se hai del male nel cuore ,ebbene, il jazz te lo fa crescere ancora di più. Vedi l'inferno quando suoni jazz e la cosa più triste è che ti piace l'inferno che vedi. Non sai quanto tempo ho pregato il diavolo perchè riportasse mia figlia nel mondo ,così che io potessi attuare la mia vendetta. Ora ci sono riuscito. Tu hai visto mia figlia, hai parlato con lei, l'hai amata e continui ad amarla. Questo è quello che io ho perso. Ho perso Luna. Tuo padre è morto, ma io no ed adesso morirai tu nel modo in cui sarebbe dovuto morire lui>>. Il vecchio tirò fuori dalla tasca del lungo cappotto quella che sembrava essere una pistola. Berto la intravide fra il fumo, aveva voglia di scappare, ma sembrava paralizzato. Le sue gambe non riuscivano a muoversi, come se il fumo lo tenesse stretto per offrirlo al macello. <<Io non ho fatto niente!>> urlò <<Perchè devo morire io? Luna, perchè devo morire io? Luna, perchè non possiamo vivere insieme?>>. Luna lo guardava con un sorriso triste. Adesso quella ragazza sembrava davvero un fantasma. sapeva che suo padre avesse ucciso della gente, ma non avrebbe mai immaginato di subirne lui le colpe. Pensò per un solo istante se avesse potuto, in quel momento, vivere per sempre con Luna, amarla come si deve ad una vera donna. Avrebbe così espiato la colpa del padre, avrebbe pulito la sua memoria, avrebbe reso giustizia al Signor Domenica. Lo pensò sinceramente ed in quel momento Luna parlò. <<Sono morta, ma voglio bene a quest'uomo. Papà! Io gli voglio bene!>>. Il vecchio scrutò la disperazione di Berto, il fumo all'improvviso si infittì, il rumore del treno si fece sempre più insistente. Berto non lo potè vedere, ma il vecchio abbassò la pistola. <<Ti ho messo alla prova ragazzo, e anche se vorrei tanto ucciderti, tu non sei colpevole quanto lo fu tuo padre. Pace sia all'anima sua, ed anche alla mia. I patti vanno rispettati. Avevo promesso all'inferno un'anima. Ora mi toccherà dargli la mia, ma tanto sono vecchio e non ho molto da perdere>>. ,<<No!>< fece Berto con la vista annebbiata, non poteva vedere nient'altro che non fosse fumo e oscurità, le note ripresero a suonare. <<Mi dispiace>> continuò Mister Sunday, <<Ma devo prendere un treno per l'aldilà>>. Berto era chiuso nel buio, ma all'improvviso si accorse di poter muovere un braccio, poi una gamba, poi l'altra. Corse. Corse senza pensare. Corse solo per scappare, dietro e davanti a sè aveva buio e fumo, ma corse lo stesso. Corse ad occhi chiusi. Quando ,dopo molti minuti, li aprì, era solo in una piazza vuota, una piazza che conosceva. Era quella dove aveva parcheggiato la macchina. Infatti la sua macchina era ancora lì, l'unica in mezzo a tanti posti vuoti. Aprì la portiera, mise le chiavi nel quadro e partì. Arrivato a casa si gettò nel letto e si addormentò.
La mattina dopo fu svegliato da una telefonata. Era Stanley. <<Buongiorno. Come è andata ieri sera? Ti sei divertito?>>, <<Ah, sì, abbastanza, ma, senti, ti richiamo dopo. Ora sono troppo stanco. Ieri ho fatto tardi>> fece Berto e riattaccò. Avrebbe voluto rimanere a letto, invece si alzò , fece colazione, notò che era una bellissima giornata,anche se decisamente fredda. Indossò il suo cappotto più pesante ed uscì. LA strada era animata da un'insolita vitalità. Famiglie a passeggio con i bambini, ragazzi a gruppi che parlavano a voce alta. Berto fece una lunga passeggiata, respirando l'aria pura del mattino. Si chiedeva che fine avesse fatto il Signor Domenica. Si ricordava di esserlo andato a vedere la sera prima, di averlo sentito suonare canzoni molti tristi, ma poi gli pareva di essersene andato senza nemmeno salutarlo. Gran bravo jazzista il Signor Domenica. Berto gli augurò successo dovunque fosse andato a portare le sue note sognanti. D'un tratto vide un gruppo di ragazze ferme ad aspettare l'autobus. Ce ne era una che gli piaceva molto: aveva i capelli neri, gli occhi rivolti verso di lui. Indossava un vestito a fiori rossi e neri. Berto decise di rispolverare l'antico metodo per rimorchiare una ragazza. Si avvicinò con noncuranza a lei, proprio mentre arrivava il bus. <<Ci conosciamo per caso?>> le chiese così a bruciapelo, lei lo squadrò da capo a piedi, <<Credo proprio di no>> disse un po' stizzita. Berto allora sorrise nel modo più sincero che poteva, sgranò gli occhi davanti a lei. <<Potremmo iniziare a conoscerci adesso>> fece e la ragazza si sciolse. Sorrise anche lei, arrossì un poco, ma proprio in quel momento si fermò il bus e lei dovette prenderlo al volo. <<Scusa devo andare>> disse a Berto, ma lui la trattenne per un attimo <<Dove posso trovarti?>> domandò, lei salì sul bus, sorrise e fece <<Dove ti pare. Se vuoi cercarmi, mi troverai>>. Salutò e il bus partì. Berto mise le mani in tasca e riprese a camminare, fischiettando un motivo jazz.

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