domenica 10 novembre 2013

Sorry, I'm late




Spesso i ritardi non sono pigrizia, e nemmeno insolenza. A volte sono un modo di vivere, o un modo di accettare il mondo. Altre volte, più sottilmente e infidamente, sono un tentativo di far parlare di sé. Ma questi sono ritardi che accettiamo, tutto sommato, come variabili curiose e in fondo affascinanti dell'universo umano. Però a volte mi è capitato di rimanere seduto davanti a un tavolo, oppure con il telefono in mano a fissare l'ora senza muovermi. Dopo un po' mi sono accorto che ero in ritardo per qualcosa e ho preso a prepararmi. Ma quella stasi mi ha inquietato. Mi sono chiesto cosa fosse. Era un ritardo, ovvio, ma perché? Alla fine forse ci sono arrivato: era un ritardo per mancanza di idee. E' qualcosa di sottile, mi sono subito reso conto, e per questo difficilmente afferrabile, la mancanza di idee. Potrebbe capitare in una serata grigia ma non abbastanza romantica da essere piovosa, oppure in una mattina, stavolta sì, piovosa, perché addormentarsi con la pioggia è sempre più bello che svegliarsi allo stesso modo. E' una sensazione anzitutto non propriamente brutta: è un rilassarsi cosciente del corpo e della mente, in una maniera tanto ostinata quanto poco produttiva; è un rifiutare la difficoltà, il dubbio, la scelta, nella maniera più assoluta. E' un volere la vita facile. Oppure è un astenersi consensualmente dal genere umano per lo spazio di poche ore. Già, perché le idee difficilmente mancano per sempre. Più solitamente mancano per un tempo limitato, per poi ritornare. Ci sono quindi degli spazi bianchi, degli intervalli fra un ragionamento e un altro, fra un'azione e un'altra, riempiti certe volte da pensieri non inutili in sé, ma tanto sconnessi e vaghi da risultarlo. Nel pallore di detti istanti si è presi d'assalto da una strana ,a suo modo piacevole, inanità. Risulta praticamente impossibile rivolgere l'attenzione a un impegno che si ha un'ora dopo, o alla preparazione del pranzo/cena. Si è con la testa fra le nuvole, direbbe qualcuno. Forse sarebbe meglio dire che si è con le nuvole in testa. E si sorride. Sì, si sorride, poi però ci si alza dalla sedia e ci si domanda "cosa ho fatto?" e allora ci si sente un po' in colpa, ma è solo un trucco del tempo per ricordarci a tutti i costi che lui è più importante di noi. E allora si ritarda, come una sorte di punizione divina. Lo sventurato/a che ci aspetta giocherà la parte della vittima incolpevole per questa volta e noi gli faremo pensare che siamo stati trattenuti da una telefonata, che abbiamo dovuto farci la doccia, le ragazze potranno nascondersi dietro ad un make-up time particolarmente difficoltoso. Ma il fatto resta, che per quelle due ore prima dell'appuntamento si è dovuta mettere una lunga parentesi vuota sul nostro diario del giorno. Me ne rendo conto, detto così sembra brutto. Ma non è vero, lo ripeto, è una sensazione piacevole. Soprattutto perché ,quando mancano le idee, non si è condizionati da esse, e potrebbe essere bello mettersi ad ascoltare musica mai ascoltata prima, solo in virtù di una non meglio specificata diffidenza, o guardare, senza troppo impegno, un film che nelle ore piene di idee si è troppo presi in programmi di vita per considerare soltanto. E quei pensieri sconnessi ,magari, il giorno dopo, sovvenzionati da nuova e ritrovata vitalità, potranno servire a farci cambiare opinione su qualcosa, o, semplicemente, a rifletterci meglio. Sono chiacchiere da osteria, ma, per quel che vale, sono anche un modo per dire che non sempre serve vivere per vivere. Miles Davis diceva che in musica è più importante quel che non si suona di quello che si suona. Confesso che, un tempo scettico, questa frase mi sta conquistando.
Ora scusate, ma sono in ritardo di mezz'ora e devo andare.

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