domenica 20 maggio 2012

I socializzatori

I socializzatori



C'era una volta un mondo in cui tutti erano amici. Con il sole o con la pioggia si usciva sempre e c'erano dei locali bellissimi che rimanevano aperti fino a tardi. Tutti non vedevano l'ora di provare il nuovo cocktail al cardo mandorlato nel nuovo night aperto fino alle quattro, e si organizzavano gruppi minimo di venti persone. 
C'era un mondo in cui tutti erano amici. Poi c'era Bartolini Francesco. Di amici non ne aveva nessuno. 
Sbagliato. Ne aveva uno, ma non lo vedeva quasi mai. Abitavano troppo lontano. Si scrivevano su internet, quando potevano. Per il resto, Bartolini Francesco non aveva amici. Ci avevano provato, parenti e compagni di classe, a curarlo. Lo avevano costretto ad uscire diverse volte, ma in quelle sere in disco davano sempre da bere il cocktail al rutto di barboncino, che a Bartolini Francesco faceva schifo. Così rimase impressionato e, come disse lo psicologo, lo schock gli provocò una specie di blocco. 
Usciva Bartolini Francesco, ma da solo. Passeggiava lungo il fiume oppure in città. Alzava la testa e guardava i palazzi. Poi si riposava seduto su una panchina. Per le strade a volte non c'era nessuno, perché erano tutti dentro a un bar. Oppure c'era la folla che non lasciava passare neanche uno spillo.
Un giorno Bartolini Francesco si svegliò e, guardandosi allo specchio, capì che bisognava fare qualcosa. Star da solo era triste. Bisognava trovare un rimedio. E fu così che, con grande coraggio e vincendo una grande vergogna, iniziò a frequentare dei gruppi di cura per asociali. Si chiamavano "A.A", ovvero "asocialisti anonimi", il che dava ancora origine a qualche spiacevole equivoco di natura politica che non di rado sfociava in risse con appartenenti a centri sociali e circoli culturali decisamente di sinistra. 
Era mattina presto, verso le nove, in una bella giornata di sole. Bartolini Francesco si presentò di fronte alla sede degli "A.A" e bussò delicatamente. Gli aprì una tizia occhialuta che lo condusse ad una sala circolare con una lampadario di  vetro a palla al centro del soffitto, un bancone da bar con annessa barista da un lato, un dj dall'altro e, in mezzo, diverse sedie di plastica. Pensò d'aver sbagliato indirizzo Bartolini Francesco, ma quando fece per andarsene la barista lo riprese. La seduta sarebbe cominciata di lì a poco. Bartolini Francesco si sedette ed aspettò. A poco a poco iniziava ad arrivare la gente. C'era un tizio coi capelli rossi  e ricci. Disse di studiare scienze matematiche e fisiche. C'era un vecchio che teneva un rosario fra le mani e pregava sottovoce. C'era una ragazza. L'unica. Ma non parlò. Non disse nulla. Quando entrò il terapista tutti si alzarono in piedi. La barista iniziò a preparare i cocktail ed il dj mise su un pezzo elettronica dal basso devastante. Il terapista prese un microfono e salutò. <<Adesso vi presenterete e poi parleremo delle vostre esperienze.>>. Tutti si presentarono e Bartolini Francesco scoprì che la ragazza si chiamava Valentina e studiava storia all'università. Aveva vent'anni e nessun'amica, nè amico. Quando toccò a Bartolini parlare, lui disse solo la verità. Un amico ce l'aveva ,ma si vedevano poco. Abitava lontano. Il terapista scosse la testa e gli si avvicinò. Gli mise una mano sulla spalla e poi gli sussurrò <<Non può essere un vero amico se è lontano. Gli amici sono vicini e tu ne troverai tanti, qui, fra di noi. Abbi fede.>> Bartolini Francesco sorrise, e subito dopo arrivò la barista, col vassoio pieno di bicchieri. <<Anche io ho frequentato questo gruppo>> disse lei porgendo i bicchieri ad ognuno, <<Mi ha aiutato a diventare una persona vera>> fece con gli occhi scintillanti. Tutti bevvero e tutti sputarono via gran parte del liquido. Il terapista non si preoccupò. Era una cosa normale. Non erano abituati. <<Che cos'è?>> chiese il tizio coi capelli rossi, <<Cardo mandorlato>> rispose la barista, e lui non capì. <<Col tempo apprezzerete>> fece tranquillo il terapista. Bartolini Francesco guardò per un momento Valentina. Aveva i capelli lisci a metà collo, gli occhi castani leggermente lucidi. Le mani strette e ruvide. Tremava. Non distoglieva mai lo sguardo dal terapista, ma non ne era affascinata, si capiva. Bartolini Francesco rimase a fissarla. Come sarebbe la vita se lei fosse mia amica?


(to be continued...)

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