Incontri ravvicinati del secondo tipo
La prima volta che ho incontrato un matematico credevo che
lui fosse una persona normale. La seconda volta che ho incontrato un matematico
credevo io di essere una persona normale. La terza volta che ho incontrato un
matematico ho detto <<Cazzo, ma tu stai sempre appresso a me?>>,
poi ho scoperto che vivevamo insieme. Incontrare un matematico è un’esperienza
che consiglio a tutti almeno una volta nella vita. Parlare con lui di emozioni
dà lo stesso brivido che darebbe parlare di diritti umanitari con zio Adolfo.
Il matematico è una species del genus homo sapiens che inizia, ma le fonti sono
incerte, a svilupparsi tra il VII e il VI secolo a.C . I primi matematici ,si
crede, non avevano ancora piena coscienza della loro esistenza in quanto razza
ben distinta, e si muovevano per lo più solitari o mescolandosi a branchi di
individui appartenenti ad altre razze, tra cui quella dei filosofi. Oggi non è
più così, oggi vi sono degli habitat specifici in cui è possibile ritrovare
questi curiosi prodotti dell’evoluzione. C’è un luogo che si chiama Povo, e se
siete attenti lettori del blog Biageide(che torno a consigliarvi) sicuramente
ne avrete sentito parlare. E’ un ambiente dall’aspetto lucente, dalle tinte
chiare in cui il più importante edificio è un palazzo dagli infissi
metallizzati. Lì dentro, oltre ad un numero discreto di ragazze carine, vivono
i matematici. Non si entra in quel luogo per caso. Chi veste camicia è
off-limits, sono ammesse solo magliette, possibilmente di qualche videogioco da
intenditori(del tipo annata 1994/95 o se possibile ancora prima). Un individuo
maschio in pantaloni di velluto e maglione a collo alto verrà accuratamente
controllato dai capi branco del luogo, pronti a sferrare il loro attacco in
caso di pericolo(si chiama lezione di Geometria II). E’ l’unico posto in cui ci
si rivolge alle donzelle con locuzioni come “in più variabili”, “equazione
differenziale”, “singoletto di x” , “integrale che converge”. I più raffinati
tentano acuti doppi sensi ma non sempre riescono. Alla fine di una giornata
passata all’osservazione dei matematici c’è abbastanza materiale per un
dottorato in etologia. E’ curioso in fondo, è la possibilità di osservare la
mente degli uomini da un punto di vista diverso, che noi, noi che non abbiamo
mai fatto matematica, non saremmo mai in grado di vedere. Ci aiuta ad essere
più elastici mentalmente sapere che insieme a noi ci sono anche loro. Il
difficile è tutt’al più convincere loro che esistiamo anche noi, o meglio, che
esiste il nostro modo di essere. Ad oggi non sono ancora riuscito a convincere
un matematico della bontà di alcune(poche) mie linee di pensiero. Però ho
inviato una lettera alle Nazioni Unite: con l’esperienza dialettica accumulata
dovrebbero mandarmi in Iran, li convincerei a dismettere completamente il
programma nucleare. Sempre che a Teheran le facoltà di matematica non
funzionino particolarmente bene, sia inteso.
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