lunedì 28 ottobre 2013

Diciassettesimo scrutinio



Diciassettesimo scrutinio:
27 Aprile
Non mi è mai piaciuta la marmellata di arance. E non so perché ne ho un barattolo in casa. La sto spalmando sulla fetta biscottata e cerco di intuirne la densità. Posso intravedere il metallo del coltello attraverso la velatura arancione. E’ così bella, vivace, ma la sua trasparenza non ne cela le impurità. Sono tante. Piccole, ma tante. In questo strano gioco di osservazione mi sto allenando a scoprire che niente è come dovrebbe essere, che anche nei capolavori ci sono degli sbagli. Il punto in cui Leonardo, davanti alla Gioconda, avrà esclamato “cazzo! Qui ho fatto una stronzata! Speriamo non se ne accorga nessuno”. E’ solo la tanta bellezza che compensa ciò che non va. Ma io non mi sono mai sentito bello, e ho dovuto sostituire la bellezza con le idee. Mi hanno sempre ripagato di tutto. Ma oggi non bastano più. Oggi forse s’inizia a parlare di accordi. Siamo tutti stremati ed è chiaro che non possiamo andare avanti così per sempre. Da un’interessante ricerca su Rai Uno scopro che per eleggere Scalfaro ci vollero sedici scrutini, e noi li abbiamo già superati. Per Leone ventitré, un record che personalmente non vorrei eguagliare. Eppure siamo vicini, se non ci mettiamo d’accordo con loro. Loro sarebbero i delinquenti, i figli di puttana, le troie. Gli avversari, che dir si voglia. Che molti dei nostri elettori considerano merda. Che pure io considero merda, in fondo, a differenza di qualche mio collega di partito che là in mezzo pesca persino qualcuna da sposare. Ma non posso ingannare nessuno, perché stamattina, puntuale come la campanella d’ingresso a scuola, m’aspetterà Margiotta in transatlantico a ricordarmi che anche io sto ravanando basso verso quel partito. Il loro partito. E’ uscito fuori un nome nuovo, che si chiama Travai, e che per me è poco più che una bestia. Ok, non è mai stato coinvolto in inchieste giudiziarie, ma sapete come la penso su di loro. E’ il primo tentativo di seria mediazione fra tutte le forze politiche. I moderati della nostra parte dicono che lo voteranno, i moderati della loro pure. Travai viene dal centro ed è un vecchio democristiano. Non è né di qua né di la sostanzialmente. Sempre per il giusto mezzo, direbbe qualcuno. Sempre in mezzo ai coglioni, direbbe qualcun altro. Io non so ancora a che categoria ascrivermi che sulla via di Montecitorio mi folgora come un’illuminazione: se fanno Travai presidente della Repubblica significa che vogliono il governo d’unità nazionale. Con dentro tutti. La cosa mi disgusta al solo pensarci e mi fermo. Non riesco a fare un solo passo avanti. Cerco di riflettere. Non sono l’unico ad aver mal di pancia, come si dice in queste occasioni. Faccio quattro calcoli veloci. Mi riprometto di parlare con Pulgatti, Ventresca, Lumia appena arrivato in transatlantico. Giusto due chiacchiere per cercare di sapere come la pensano loro. Se ce la facciamo, se siamo uniti, possiamo buttarlo nel cesso Travai. Possiamo evitare l’unità nazionale. Ma sarebbe una cosa con del senso? Dovrei avere la risposta in tasca, sono un politico, invece sto qui a domandarmi: che ne sarà di noi, se continuiamo in questo cazzo di limbo dove nessuno verrà mai eletto? La vita andrà avanti, ok, ma sarà un casino con tutti questi mercati internazionali, spread e via dicendo. Io non ne capisco molto, ma so che stiamo dando una pessima impressione all’estero. Siamo senza una guida. Potenzialmente stritolabili. Lo so, sono ragionamenti da Corriere della Sera, da uomo di mezza età voglioso solo di fottutissima stabilità. Però la questione rimane. E io non posso più evitarla. E’ vero, la politica fa diventare vecchi, fa perdere le speranze e distrugge i sogni. Tranne quello di Margiotta nuda che ,ancora una volta, stanotte mi ha tenuto sveglio. E pensare che avrei potuto, ieri sera,…ma credo di averlo ormai capito, che riesco a desiderarla al meglio quando non c’è. Forse lei di questo si rammaricherà.

“Sei carino stamattina” mi dice, intrisa di fumo, in piedi alla buvette ancora una volta, che oggi pullula di gente ancora digiuna, mentre io ho già mangiato, e non so perché sono lì. “Tu sei sempre bellissima” le replico usando la stessa frase che avrei usato alle elementari. “Vuoi parlare di politica?” mi fa lei, io scuoto la testa. No. Ma stavolta contrattacca, sposta una sedia da un tavolino e ci si siede, invitandomi a fare lo stesso. Fra poco inizierà la chiama ma non posso sottrarmi ancora una volta alla guerra. Mi siedo e lei ha le mani incrociate e le tiene sulle cosce. Porta calze nere. Mi accorgo in un istante che io, oggi, voterò per Travai. Perché sarà l’ultima volta che potrò fare qualcosa insieme a Margiotta. “Mi spieghi a cosa servirebbe parlarne?” tento l’ultima carta in mio possesso, “A me servirebbe, fidati” è la sua risposta. Mi avvicino di più a lei, quasi le sfioro la mano. Piego la testa un po’ di lato. Non posso guardarla dritto negli occhi. Il suo pensiero si fa più frequente, e ad intervalli regolari, nella mia testa. Lascia una traccia di smarrimento. “Tu hai fatto sesso per arrivare dove sei adesso” sentenzio ,ma sottovoce. “Te l’ho già detto, si” fa e fissa per un momento il vuoto. Le vorrei stringere la bocca dentro i miei denti, e premere fino a farle uscire il sangue. Qui. Adesso. Sono seduto in punta di piedi e non sono mai stato così teso dal giorno della mia prima comunione, quando per la prima volta mangiai il corpo di un dio. Ora, per quanto mi riguarda, sto desiderando il corpo di un dio. Una dea. Ma è un corpo imperfetto , mi dice qualche voce lontana, forse l’eco di un sogno. Mi fa notare la ruga, il capello bianco, quella piccola voglia alla base del collo, il suo sguardo troppo teso. Mi fa notare la sottrazione dall’intero della bellezza. Mi fa notare che è una troia, Margiotta. Ma esistono anche loro, e come posso ignorarle? Sarebbe perfino giusto? Non siamo nati forse tutti uguali? E poi la politica è un’altra cosa. “Oggi voterai per Travai?” le chiedo, e lei annuisce. “E tu?”, 
“Farò il responsabile” le rispondo. Al diavolo Pulgatti, Ventresca e Lumia, al diavolo i dissidenti. “Oggi almeno saremo d’accordo su una cosa”.

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