Sedicesimo
scrutinio:
26 Aprile
“Hai mai
notato questa piega?” mi chiede indicando quella che sembra solo una velatura,
ma avvicinando gli occhi scopro essere una brutta spiegazzatura che non accenna
ad andare via. Per fortuna che sul nero non si nota. Ma questo, mi dice, è il
suo vestito preferito, e non sopporta l’idea che non sia in perfette
condizioni. Siamo sotto casa mia. L’ho trovata ad aspettarmi ancora una volta.
Questo pomeriggio nessuno di noi entrerà in aula. Siamo troppo stanchi e non
c’è necessità di votare per qualcuno in particolare. Certo, per lei esiste
ancora Pilato, ma stamattina è sceso sotto i 300 voti e nessuno si preoccuperà
più di lui. Ed ora mi sta davanti con il suo vestito migliore, e si stupisce di
quel piccolo sbaffo sul suo manifesto. Io non so cosa dire. Mi sento ancora
colpevole per aver rinunciato a votare, questo pomeriggio. Cosa direbbe
Gullotta a vedermi con te, Jessica? Cosa direbbe Bucci, il mio futuro leader?
“Non va via col ferro da stiro?” le chiedo ma non sto nemmeno pensando. Lei mi
fa una faccia che quasi è una parolaccia. “Hai idea di cosa hai appena detto?
Non puoi usare un ferro da stiro qualunque su un vestito come questo!”. Ora mi
sento in colpa e tento di rimediare invitandola in casa. Lei accetta e io apro
il portone. Mentre salgo le scale cerco di concentrarmi sui passi di entrambi.
Arrivo a contarne sessantaquattro ,ma potrei essermi confuso. Alla fine ho la
faccia stravolta dal mal di testa che mi sono fatto venire. Mi pare di sentire
ancora le scarpe premere sugli scalini. Mi sento una statua di cera, mi chiedo
cosa mi sia rimasto oltre al quadro che ho davanti. Ma lei non è messa meglio.
Forse dovremmo parlare. Ma di cosa? Non ci sono argomenti oltre al sesso che ancora ci manca per
diventare un inciucio coi fiocchi. Ma ci sono miei colleghi ,del mio partito,
che hanno fatto la stessa scelta, e non li chiamano inciucisti nei corridoi del
palazzo. Ma forse pensano male di loro. Oppure hanno una storia che
semplicemente non è la mia. Non è quella di uno che ci ha creduto sempre fino
in fondo, anche nei suoi mutismi e nelle sue reticenze. Gullotta ha torto, io
non posso andare avanti: non sono tagliato per fare il deputato. “Non mi sento
bene, posso avere un bicchiere d’acqua?” domanda Jessica e io mi muovo per
prenderglielo. Poi mi volto verso di lei “Dimmi una tua opinione” le dico a
voce alta. Lei rimane sorpresa. Fin qui il piano ha funzionato. “Cosa?”,
“Voglio la tua opinione argomentata su qualcosa?”, “Che cosa?” fa lei
allargando le braccia, “Qualsiasi cosa!” grido io “La crisi economica, la
disoccupazione, il campionato di calcio, la guerra in Siria, qualsiasi cosa!
Cazzo, sei una deputata, parlami di qualcosa!”. Lei si mette sulla difensiva incrociando
le braccia e si allontana da me. “Sono cose a cui non ho mai pensato” fa
girando la testa. “Pensaci adesso!” le dico e non sono mai stato più deciso.
Voglio sfidarla, voglio che mi odi, voglio il suo odio fino in fondo. Voglio
che mi dia per sempre una scusa per chiamarla puttana d’ora in poi. Ma lei apre
la borsa e cerca nervosamente le sigarette. Se ne accenda una senza chiedermi
il permesso. Significa che è davvero agitata. Confusa. Per favore signore, fa
che le tremino le mani. Ma, ancora una volta, sono deluso. Non mi sta
rispondendo con vampate di rabbia né di indignazione. Mi sta guardando. Ci sta
pensando. “La crisi si risolve con i tagli alla spesa pubblica improduttiva” fa
alla fine. Questa non me la aspettavo:ha accettato la sfida. Io ho già perso.
“Poi con le liberalizzazioni e con gli incentivi alle imprese, poi bisogna
trattare con l’Europa per il patto di stabilità, è impossibile non sforarlo.
Vuoi sapere perché? Basta una rassegna dei conti pubblici e degli interventi
necessari per la ripresa economica. Sul campionato di calcio non so davvero che
dirti, ma se vuoi la mia opinione sulla crisi in Siria bisogna a tutti i costi
evitare la guerra”. Non posso fare a meno di sentirmi uno sconfitto. “Che ne
dici di un’imposta patrimoniale?” sussurro e lei annuisce “Se ne può
discutere”. “Voi non lo farete mai” le sputo in faccia di nuovo tenendo gli
occhi bassi perché sono un vile. “Nessuno lo farà mai adesso,almeno nessuno di
quelli che ci sono adesso. Tu lo faresti?”,”Sì” faccio e sembro sicuro. Lei si
avvicina “Allora dillo a voce alta e potrei darti ragione”. Non so nemmeno io
quanto ci credo. Non riesco a fermare queste cose che sento dentro. “Dimmi cosa
hai in mente, Jessica, perché il tempo finisce in fretta” mormoro a mezza bocca
e vado io al lavandino a prendere dell’acqua perché mi si sta seccando anche il
culo. “Voglio vedere fino a che punto sei interessante” risponde lei con un
sorriso troppo malvagio per essere vero. Sa di averla avuta vinta. Ce l’ha
fatta. “Tu sei più interessante di me” le replico, ma lei non accetta obiezioni
“Non dire cazzate…io sto diventando vecchia, e poi ho un vestito spiegazzato”.
Gli equilibri della stanza sono ormai tutti rotti,al punto che nessuno ha
ragione se nessuno ha torto. Le prendo l’acqua che mi ha chiesto. Lei beve in
fretta e poi saluta. Ma io la prendo per il braccio. “Ti prego, resta ancora a
parlare per un po’”. “Ho perso la pazienza” risponde e fa due passi indietro.
Va così veloce che non riesco a capire dove sia diretta. Poi apre la sua
valigetta e tira fuori un pc. Il suo pc. Non l’avevo mai visto. E colorato in
bianco e rosa, da vera ragazzina del liceo. “Metto su un po’ di musica. Quella
che piace a me”. Non mi lascia opzione di replica. Io mi siedo al divano e
quando parte la batteria mi chiedo se conosca la canzone. No. Ma perché Jessica
si è tolta la giacchetta? Mi alzo e la guardo. Ha gli occhi fissi su di me,
iniettati di sangue. O mi ammazza o mi fa impazzire. Inizia di nuovo a ballare
e si avvicina a me, mentre io mi allontano. Un passo avanti per lei, un passo
indietro per me. Abbassa e alza la testa a ritmo e di nuovo vedo quella cascata
di capelli cotonati. Porta avanti il piedi e solo con la punta disegna un
cerchio sul pavimento per poi poggiare tutta la pianta e farsi avanti, ma ogni
secondo per me è costante e superbo ancheggiare che si ferma solo quando apre
il primo bottone del vestito. Ormai sono dall’altra parte della stanza. Ma lei
sorride come una scema. Perché ha vinto. Ha vinto. Sta facendo uno spogliarello
per me. Mi fosse capitata dieci anni fa questa fortuna. Ora sono troppo
rincoglionito persino per crederci. Posso vederle il reggiseno. Posso vederle
tutto il busto. Posso vedere le sue calze ricamate. Posso vedere il suo collo
fino in fondo. La voce in falsetto del cantante è fastidiosa quanto una mosca
in bocca, ma ora è come un insulso filo di zucchero filato che ,come una tredicenne
alla prima di Breaking Dawn, mi porta verso un idolo melenso e grottesco. Ma
per ora è tutto quello che ho. E devo dire che in reggiseno è bella da morire. Al
punto da uccidere. E io per gli ideali non ucciderei mai. Jessica ha una mano
nei capelli, ha la bocca mezza aperta, respira a piccoli passi, quasi in
affanno per una fatica che non c’è. E’ un gemito o una parola quello che ho
sentito? Mi guarda. Mi guarda. Ormai ho la faccia di un centometrista alla fine
della corsa. Ho una faccia di merda. E tengo il sopracciglio leggermente
inarcato per mostrare stupore o disappunto quando la mia bocca spalancata può
solo urlare di dolore per l’inferno in cui mi sono ritrovato. Il punto è che io
ne ho voglia. E lei è rimasta in mutande e reggiseno e continua a muoversi
anche quando la musica è finita. Continua a canticchiarsi le note da sola per
non lasciar calare troppo presto il sipario. Cerca di imitare quel seccante
falsetto per farmi capire che si sta rendendo ridicola solo per me. Credo che
il suo capo le abbia chiesto solo sesso per entrare in lista, e non uno
spogliarello così. Quello spetta solo al sottoscritto. Quando lo spettacolo è
finito io dovrei applaudire, ma la mia mente si è raffreddata, e mi è tornata
la voglia di essere stronzo. Solo un cinico può rifiutare senza battere ciglio
una tale offerta d’amore. Io non sono un cinico. Quindi, prima di rifiutare, mi
tormenterò duemila volta e maledirò di essere nato e lancerò forse anche una
bestemmia, ma alla fine me ne starò zitto e lascerò che lei , come sta già
facendo, raccolga in fretta i suoi vestiti, si rivesta, si rimette le scarpe ed
esca senza guardarmi ma con la intima convinzione di avermi oramai fatto
perdutamente innamorare e con la solida speranza di potermi portare finalmente
dentro di lei un giorno. Quando rimango solo in casa e mi siedo sul divano ed
accendo la televisione, rimango fisso allo schermo finché non è sera e
trasmettono finalmente un talk show con qualche bel politico dentro. Gente che
conosco, o che ho conosciuto. Aspetterò qualche ora, poi prima di andare a
dormire, le invierò un messaggio: buonanotte.
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