domenica 27 ottobre 2013

Sedicesimo scrutinio



Sedicesimo scrutinio:
26 Aprile

“Hai mai notato questa piega?” mi chiede indicando quella che sembra solo una velatura, ma avvicinando gli occhi scopro essere una brutta spiegazzatura che non accenna ad andare via. Per fortuna che sul nero non si nota. Ma questo, mi dice, è il suo vestito preferito, e non sopporta l’idea che non sia in perfette condizioni. Siamo sotto casa mia. L’ho trovata ad aspettarmi ancora una volta. Questo pomeriggio nessuno di noi entrerà in aula. Siamo troppo stanchi e non c’è necessità di votare per qualcuno in particolare. Certo, per lei esiste ancora Pilato, ma stamattina è sceso sotto i 300 voti e nessuno si preoccuperà più di lui. Ed ora mi sta davanti con il suo vestito migliore, e si stupisce di quel piccolo sbaffo sul suo manifesto. Io non so cosa dire. Mi sento ancora colpevole per aver rinunciato a votare, questo pomeriggio. Cosa direbbe Gullotta a vedermi con te, Jessica? Cosa direbbe Bucci, il mio futuro leader? “Non va via col ferro da stiro?” le chiedo ma non sto nemmeno pensando. Lei mi fa una faccia che quasi è una parolaccia. “Hai idea di cosa hai appena detto? Non puoi usare un ferro da stiro qualunque su un vestito come questo!”. Ora mi sento in colpa e tento di rimediare invitandola in casa. Lei accetta e io apro il portone. Mentre salgo le scale cerco di concentrarmi sui passi di entrambi. Arrivo a contarne sessantaquattro ,ma potrei essermi confuso. Alla fine ho la faccia stravolta dal mal di testa che mi sono fatto venire. Mi pare di sentire ancora le scarpe premere sugli scalini. Mi sento una statua di cera, mi chiedo cosa mi sia rimasto oltre al quadro che ho davanti. Ma lei non è messa meglio. Forse dovremmo parlare. Ma di cosa? Non ci sono argomenti  oltre al sesso che ancora ci manca per diventare un inciucio coi fiocchi. Ma ci sono miei colleghi ,del mio partito, che hanno fatto la stessa scelta, e non li chiamano inciucisti nei corridoi del palazzo. Ma forse pensano male di loro. Oppure hanno una storia che semplicemente non è la mia. Non è quella di uno che ci ha creduto sempre fino in fondo, anche nei suoi mutismi e nelle sue reticenze. Gullotta ha torto, io non posso andare avanti: non sono tagliato per fare il deputato. “Non mi sento bene, posso avere un bicchiere d’acqua?” domanda Jessica e io mi muovo per prenderglielo. Poi mi volto verso di lei “Dimmi una tua opinione” le dico a voce alta. Lei rimane sorpresa. Fin qui il piano ha funzionato. “Cosa?”, “Voglio la tua opinione argomentata su qualcosa?”, “Che cosa?” fa lei allargando le braccia, “Qualsiasi cosa!” grido io “La crisi economica, la disoccupazione, il campionato di calcio, la guerra in Siria, qualsiasi cosa! Cazzo, sei una deputata, parlami di qualcosa!”. Lei si mette sulla difensiva incrociando le braccia e si allontana da me. “Sono cose a cui non ho mai pensato” fa girando la testa. “Pensaci adesso!” le dico e non sono mai stato più deciso. Voglio sfidarla, voglio che mi odi, voglio il suo odio fino in fondo. Voglio che mi dia per sempre una scusa per chiamarla puttana d’ora in poi. Ma lei apre la borsa e cerca nervosamente le sigarette. Se ne accenda una senza chiedermi il permesso. Significa che è davvero agitata. Confusa. Per favore signore, fa che le tremino le mani. Ma, ancora una volta, sono deluso. Non mi sta rispondendo con vampate di rabbia né di indignazione. Mi sta guardando. Ci sta pensando. “La crisi si risolve con i tagli alla spesa pubblica improduttiva” fa alla fine. Questa non me la aspettavo:ha accettato la sfida. Io ho già perso. “Poi con le liberalizzazioni e con gli incentivi alle imprese, poi bisogna trattare con l’Europa per il patto di stabilità, è impossibile non sforarlo. Vuoi sapere perché? Basta una rassegna dei conti pubblici e degli interventi necessari per la ripresa economica. Sul campionato di calcio non so davvero che dirti, ma se vuoi la mia opinione sulla crisi in Siria bisogna a tutti i costi evitare la guerra”. Non posso fare a meno di sentirmi uno sconfitto. “Che ne dici di un’imposta patrimoniale?” sussurro e lei annuisce “Se ne può discutere”. “Voi non lo farete mai” le sputo in faccia di nuovo tenendo gli occhi bassi perché sono un vile. “Nessuno lo farà mai adesso,almeno nessuno di quelli che ci sono adesso. Tu lo faresti?”,”Sì” faccio e sembro sicuro. Lei si avvicina “Allora dillo a voce alta e potrei darti ragione”. Non so nemmeno io quanto ci credo. Non riesco a fermare queste cose che sento dentro. “Dimmi cosa hai in mente, Jessica, perché il tempo finisce in fretta” mormoro a mezza bocca e vado io al lavandino a prendere dell’acqua perché mi si sta seccando anche il culo. “Voglio vedere fino a che punto sei interessante” risponde lei con un sorriso troppo malvagio per essere vero. Sa di averla avuta vinta. Ce l’ha fatta. “Tu sei più interessante di me” le replico, ma lei non accetta obiezioni “Non dire cazzate…io sto diventando vecchia, e poi ho un vestito spiegazzato”. Gli equilibri della stanza sono ormai tutti rotti,al punto che nessuno ha ragione se nessuno ha torto. Le prendo l’acqua che mi ha chiesto. Lei beve in fretta e poi saluta. Ma io la prendo per il braccio. “Ti prego, resta ancora a parlare per un po’”. “Ho perso la pazienza” risponde e fa due passi indietro. Va così veloce che non riesco a capire dove sia diretta. Poi apre la sua valigetta e tira fuori un pc. Il suo pc. Non l’avevo mai visto. E colorato in bianco e rosa, da vera ragazzina del liceo. “Metto su un po’ di musica. Quella che piace a me”. Non mi lascia opzione di replica. Io mi siedo al divano e quando parte la batteria mi chiedo se conosca la canzone. No. Ma perché Jessica si è tolta la giacchetta? Mi alzo e la guardo. Ha gli occhi fissi su di me, iniettati di sangue. O mi ammazza o mi fa impazzire. Inizia di nuovo a ballare e si avvicina a me, mentre io mi allontano. Un passo avanti per lei, un passo indietro per me. Abbassa e alza la testa a ritmo e di nuovo vedo quella cascata di capelli cotonati. Porta avanti il piedi e solo con la punta disegna un cerchio sul pavimento per poi poggiare tutta la pianta e farsi avanti, ma ogni secondo per me è costante e superbo ancheggiare che si ferma solo quando apre il primo bottone del vestito. Ormai sono dall’altra parte della stanza. Ma lei sorride come una scema. Perché ha vinto. Ha vinto. Sta facendo uno spogliarello per me. Mi fosse capitata dieci anni fa questa fortuna. Ora sono troppo rincoglionito persino per crederci. Posso vederle il reggiseno. Posso vederle tutto il busto. Posso vedere le sue calze ricamate. Posso vedere il suo collo fino in fondo. La voce in falsetto del cantante è fastidiosa quanto una mosca in bocca, ma ora è come un insulso filo di zucchero filato che ,come una tredicenne alla prima di Breaking Dawn, mi porta verso un idolo melenso e grottesco. Ma per ora è tutto quello che ho. E devo dire che in reggiseno è bella da morire. Al punto da uccidere. E io per gli ideali non ucciderei mai. Jessica ha una mano nei capelli, ha la bocca mezza aperta, respira a piccoli passi, quasi in affanno per una fatica che non c’è. E’ un gemito o una parola quello che ho sentito? Mi guarda. Mi guarda. Ormai ho la faccia di un centometrista alla fine della corsa. Ho una faccia di merda. E tengo il sopracciglio leggermente inarcato per mostrare stupore o disappunto quando la mia bocca spalancata può solo urlare di dolore per l’inferno in cui mi sono ritrovato. Il punto è che io ne ho voglia. E lei è rimasta in mutande e reggiseno e continua a muoversi anche quando la musica è finita. Continua a canticchiarsi le note da sola per non lasciar calare troppo presto il sipario. Cerca di imitare quel seccante falsetto per farmi capire che si sta rendendo ridicola solo per me. Credo che il suo capo le abbia chiesto solo sesso per entrare in lista, e non uno spogliarello così. Quello spetta solo al sottoscritto. Quando lo spettacolo è finito io dovrei applaudire, ma la mia mente si è raffreddata, e mi è tornata la voglia di essere stronzo. Solo un cinico può rifiutare senza battere ciglio una tale offerta d’amore. Io non sono un cinico. Quindi, prima di rifiutare, mi tormenterò duemila volta e maledirò di essere nato e lancerò forse anche una bestemmia, ma alla fine me ne starò zitto e lascerò che lei , come sta già facendo, raccolga in fretta i suoi vestiti, si rivesta, si rimette le scarpe ed esca senza guardarmi ma con la intima convinzione di avermi oramai fatto perdutamente innamorare e con la solida speranza di potermi portare finalmente dentro di lei un giorno. Quando rimango solo in casa e mi siedo sul divano ed accendo la televisione, rimango fisso allo schermo finché non è sera e trasmettono finalmente un talk show con qualche bel politico dentro. Gente che conosco, o che ho conosciuto. Aspetterò qualche ora, poi prima di andare a dormire, le invierò un messaggio: buonanotte.

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