Tredicesimo
scrutinio:
24 Aprile
Ieri sera Jessica è voluta tornare al suo
albergo. In un certo senso mi ha sollevato. Averla in casa era una strana
maledizione che, per fortuna, è svanita. Tornando da Ostia ha acconsentito non
solo ad ascoltare tutte le mie canzoni preferite, ma anche a cantarle, almeno
qualcuna. Il suo è un bell’albergo poco lontano dalla stazione Termini. L’ho
accompagnata fino alla hall, poi mi ha chiesto “Vuoi salire?” ma ho declinato
l’offerta e l’ho salutata con un bacio sulla guancia. E’ la prima volta che le
tocco qualcosa che non sia la mano. Prima di andarsene mi ha confessato che
ieri l’hanno avvertita giù al partito: stamattina ,dalle loro parti, si smette
di imbucare schede bianche. Il nome prescelto è Pilato, che per un capo dello
stato è tutto fuorché di buon auspicio. E’ ,ovviamente, un loro parlamentare.
Per quanto mi riguarda non conta né la sua esperienza, né il suo fare
diplomatico né la sua serietà: è stato e sempre sarà un servo del capo. Ma
questa scelta improvvisa , che la stampa ha ufficializzato stamattina, sebbene
già da ieri notte circolassero indiscrezioni, cambia qualcosa, non tanto per
noi, quanto per me. Oggi sarà la prima volta che io e Jessica voteremo due
persone diverse. Fino ad ora è stato nome contro scheda bianca, o scheda bianca
contro scheda bianca. Adesso è diverso: lo scontro è frontale. Devo prepararmi
ad affrontarlo, ma so che Jessica non mi lascerà scampo: ho provato ad
incalzarla stamattina al telefono, le ho chiesto cosa ne pensa di questo
Pilato, ma lei ha glissato. Non lo conosce neanche, figuriamoci se lo giudica. Io,
da parte mia, non ho armi per controbattere alla sua indifferenza. Allora ho
capito che gli ideali contano fino ad un certo punto nella storia: è tra
l’indifferenza altrui che si costruiscono gli imperi più grandi e più duraturi.
Forse questo è un nostro limite: noi non riusciamo ad essere indifferenti alla
gente. Ci sono i nostri sostenitori, che ci vogliono bene e si incazzano quando
prendiamo qualche scivolone o facciamo scelte discutibili, poi ci sono quelli
che non ci possono vedere, che ci considerano incapaci o ,peggio, dei pericolosi
aguzzini. Per gli altri la cosa è diversa: gli altri non fanno né caldo né
freddo alla loro gente. Certo, i fanatici ci sono, ma la maggior parte vota a
cuor leggero, ché in fondo sono tutti ladri ma non me ne frega più di tanto e
poi gli altri non li voglio e poi quello lì non è male e poi la vita è fatta
per farsi i cazzi propri, non per interessarsi di politica. Me lo dice sempre
Jessica: la vita è altro. Ma io a volte non so farmene una ragione, e sbaglio.
Se vado avanti così fra qualche anno mi prenderà un infarto. Troppe
preoccupazioni. La vita non è fatta per preoccuparsi. Si può andare avanti
anche senza saper guidare. Ma osservo le macchine per la strada di prima
mattina e tutti paiono così sicuri di dove stanno andando. Tengono le mani strette
sul volante. Sono vestiti in giacca e cravatta oppure in jeans e maglietta.
Hanno occhiali da sole che mi impediscono di giudicare le loro emozioni. Alcuni
parlano al cellulare. Con chi? Ora sono immobile come la colonna che svetta in
questa piazza. Ho le mani in tasca e tanta voglia di essere un turista. Non ho
nemmeno portato la macchina fotografica. Avrei potuto chiedere a Jessica di
fare una foto insieme qui, davanti alla colonna, come due giapponesi imbranati.
Ma è una cosa troppo romantica e a lei non piacciono le cose romantiche.
Altrimenti non voterebbe a cuor leggero uno sconosciuto. Perché quello che è
romantico è votare con passione. Ma nessuno ci crede più.
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